Farina di grillo, Confconsumatori chiede etichette chiare (Foto di Primal Future da Pixabay)

La farina di grillo deve essere etichettata chiaramente come “grillo domestico”. In audizione oggi alla Camera, Confconsumatori ha chiesto trasparenza sulle etichette alimentari e in particolare ha avanzato la richiesta che chi deciderà di utilizzare farine di “acheta domesticus” per la produzione di alimenti riporti tra gli ingredienti non il nome zoologico dell’animale ma il termine comune di “grillo/i domestico/i”. La farina di grillo è un novel food autorizzato all’inizio di quest’anno.

La richiesta fa parte di un più ampio pacchetto di proposte di Confconsumatori, che ha partecipato questo pomeriggio all’Audizione della X Commissione della Camera (Attività Produttive, Commercio e Turismo) riguardante l’“Indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell’impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi”, insieme ad altre associazioni del Cncu.

Etichetta alimentare, indicare “grillo domestico”

Oggi è possibile commercializzare in Europa la polvere sgrassata di grillo. L’Unione Europea ha infatti autorizzato l’immissione sul mercato della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico), secondo quanto previsto dal Regolamento di esecuzione Ue 2023/5 della Commissione del 3 gennaio 2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale comunitaria.

Confconsumatori ha chiesto in audizione di garantire al consumatore la massima trasparenza in etichetta facendo riferimento non al nome zoologico dell’animale (acheta domesticus) ma al nome comune (grillo domestico).

«In attesa di una legislazione italiana sull’allevamento e la produzione di insetti approvati dalla CE – ha detto il presidente di Confconsumatori, Marco Festelli – ricordiamo che la farina di grillo, oltre ad essere totalmente avulsa dalle tradizioni gastronomiche italiane e mediterranee, è giuridicamente trattata come allergene (alla stregua dei crostacei). Un’indicazione chiara in etichetta è doverosa sia per prevenire reazioni allergiche, sia per tutelare chi produce prodotti tradizionali».

Marchio universale per il 100% Made in Italy

Molti prodotti italiani “Doc” utilizzano materie prime non italiane. Confconsumatori “ritiene importante identificare con il marchio “Made in Italy” quei prodotti che siano interamente realizzati in Italia con componenti esclusivamente italiane – dice l’associazione – Questo non solo nel Food, ma anche in altri settori di eccellenza, come la manifattura italiana”.

«Ove non fosse possibile avere filiere (food e non food) unicamente e totalmente italiane – ha detto Festelli – sarà comunque doveroso incrementare la qualità, la tracciabilità e la sicurezza dei prodotti italiani a marchio con una ricerca mirata di innovazioni che giustifichino il livello elevato delle caratteristiche di questi prodotti rispetto agli altri presenti sul mercato (ovviamente con dati reali e misurabili)».

L’associazione ha chiesto poi di aumentare la cultura del consumatore italiano ed europeo circa il significato di “Made in Italy”, che potrebbe portare, secondo Confconsumatori, a un significativo aumento dei consumi dei prodotti italiani. «Occorre – ha detto Festelli – far crescere la conoscenza su marchi di qualità, sia per il food che per il non food, lavorazioni, produzioni e tradizioni culturali italiane per aumentare la consapevolezza del consumatore nella valutazione del costo/qualità del prodotto».

Una ulteriore richiesta riguarda il turismo. «Il turismo è un atto di consumo – ha detto ancora Festelli – e come tale, oltre a garantire tutela e salvaguardia, merita un’adeguata valorizzazione dell’esperienza turistica “Made in Italy”, che presenta eccellenze senza pari a livello globale».

Confconsumatori propone di lavorare anzitutto sull’integrazione dei servizi (di informazione, turistici e di mobilità), studiando abbonamenti unici e un unico portale nazionale, per facilitare l’esperienza del turista. Propone poi di rilanciare il turismo rurale, legato alla valorizzazione dei prodotti del territorio.


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