È legittimo, in linea di principio, che il servizio sanitario nazionale prenda in carico i costi di un medicinale per un uso “off label” nonostante vi sia, per la stessa indicazione terapeutica, un medicinale “ad hoc”. E dunque il farmaco Avastin, che veniva usato in Italia per trattare una patologia degli occhi anche se la sua autorizzazione all’immissione in commercio non lo prevedeva, può essere riconfezionato per un uso in ambito oftalmico, purché sia rispettata la normativa farmaceutica dell’Unione europea. A dirlo è la Corte di Giustizia Ue, che si è pronunciata su caso Novartis contro l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco.

Il caso è quello che negli anni passati ha visto la querelle sull’uso di due farmaci, Avastin e Lucentis. La Roche Italia è titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) per l’Avastin, farmaco biotecnologico destinato al trattamento di alcuni tumori. Tuttavia, l’Avastin è spesso prescritto per il trattamento di una patologia oculare, la degenerazione maculare correlata all’età, sebbene la sua AIC non copra tale patologia. Per tale uso oftalmico «off label», l’Avastin deve essere estratto dalla fiala di origine e frazionato in siringhe monouso per iniezione intravitreale. Nel 2014 l’Aifa ha inserito l’Avastin per il trattamento di questa patologia oculare nell’elenco di farmaci erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale, nel rispetto di alcune condizioni – ad esempio, che il riconfezionamento del farmaco sia fatto da farmacie autorizzate e i pazienti ai quali gli ospedali somministrano il medicinale ricevano informazioni adeguate anche sull’esistenza di alternative.

Una delle alternative è il Lucentis, medicinale specificamente autorizzato per il trattamento della degenerazione maculare, commercializzato da Novartis Farma e a carico del SSN ma con un prezzo molto superiore. L’Avastin riconfezionato costa infatti al Servizio Sanitario 82 euro a dose, il Lucentis 902 euro. Nel 2014 l’Antitrust ha sanzionato Roche e Novartis contestando l’intesa per ridurre l’uso dell’Avastin e aumentare quello del Lucentis.

La Novartis, ritenendo che le decisioni Aifa favoriscano l’uso dell’Avastin, si è rivolta alla giustizia amministrativa, e il Consiglio di Stato ha posto la questione alla Corte di Giustizia chiedendo se le norme nazionali che prevedono le condizioni di uso «off-label» dell’Avastin, la competenza dell’AIFA per la farmacovigilanza a tal riguardo e la presa in carico da parte del SSN, per motivi economici, dell’Avastin riconfezionato siano compatibili con il diritto dell’Unione.

Oggi la Cgue ricorda prima di tutto che gli Stati “sono competenti in materia di organizzazione e gestione dei servizi sanitari, in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali nonché per quanto concerne la loro presa in carico finanziaria da parte dei sistemi nazionali di assicurazione malattia” e devono rispettare il diritto dell’Unione. Questo, prosegue la Corte, “non vieta né la prescrizione di un farmaco per un uso «off-label» né il suo riconfezionamento al fine di tale uso, ma subordina dette operazioni al rispetto di talune condizioni, tra le quali figura l’obbligo, stabilito dalla direttiva, di possedere un’AIC nonché un’autorizzazione di fabbricazione”. Per la Corte però il riconfezionamento dell’Avastin per uso off non richiede una nuova autorizzazione all’immissione in commercio se questo non modifica il farmaco, è prescritto da un medico su ricetta individuale, è fatto da farmacie autorizzate per la somministrazione in ospedale. Condizioni che rendono non necessaria anche una nuova autorizzazione di fabbricazione.

La Corte conclude che “la direttiva non osta a una normativa nazionale che stabilisce le condizioni di riconfezionamento dell’Avastin ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua AIC”. Il sistema di farmacovigilanza prevista dal regolamento n. 726/2004 si estende anche a qualsiasi uso «off-label» di un medicinale, prosegue la CGUE , e  “il regolamento non osta a una misura nazionale che autorizza l’AIFA a monitorare medicinali come l’Avastin, il cui uso «off-label» è posto a carico finanziario del SSN, e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti”.

 

Notizia pubblicata il 21/11/2018 ore 17.00


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