Tra qualche giorno si festeggia l’8 marzo, la Giornata mondiale della donna. Ma in Europa il gentil sesso continua a guadagnare in media il 16,4% in meno degli uomini, nonostante da oltre 50 anni sia stato introdotto il principio di parità di retribuzione per uno stesso lavoro.
E oggi, infatti, si celebra la Giornata europea per la parità retributiva, istituita l’anno scorso dalla Commissione Europea. Questa seconda edizione della manifestazione punta i riflettori in particolare sui datori di lavoro.
“La giornata europea per la parità retributiva ci ricorda il numero di giorni e di ore di lavoro femminile non remunerato trascorsi dal 1° gennaio. Il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro esiste nei trattati dell’Unione fin dal 1957 e sarebbe ora di farlo valere ovunque” ha affermato Viviane Reding, Commissaria europea per la Giustizia e vicepresidente della Commissione.
Nell’Unione Europea il divario retributivo tra i sessi, definito come la differenza media nella retribuzione oraria lorda fra donne e uomini sull’insieme dell’economia, è ancora molto elevato, con notevoli disparità fra paesi e settori d’attività. Si va dal 2% della Polonia a oltre il 27% dell’Estonia. Il divario tende ad allargarsi in alcuni Stati membri come Bulgaria, Francia, Lettonia, Ungheria, Portogallo e Romania.
La Commissione propone nuovi strumenti per informare i datori di lavoro, i dipendenti e le parti interessate sul perché sussiste un divario salariale tra donne e uomini e su come sia possibile ridurlo. Un video clip  mette in risalto le disparità salariali esistenti tra lavoratrici e lavoratori; la nuova sezione del sito web aggiornato della campagna che sottolinea l’importanza dei contratti collettivi tra le parti sociali per colmare il divario retributivo; una check-list verifica che l’equità retributiva sia presa in considerazione nei contratti collettivi. Inoltre verranno organizzati una serie di eventi nazionali in 17 Stati membri UE per diffondere informazioni sulle discriminazioni salariali.
A dicembre 2011, nell’ambito di uno scambio di buone pratiche organizzato dalla Commissione per colmare il divario retributivo, il governo tedesco ha presentato un software, il Logib-D, introdotto nel 2009 per permettere alle aziende di analizzare gli scarti salariali uomo-donna al loro interno, mentre l’Austria ha illustrato nuove misure legislative per promuovere la trasparenza delle retribuzioni in ambito aziendale, che prevedono tra l’altro l’obbligo per le imprese di presentare relazioni annue sulle disparità salariali.
Del tema si sta occupando anche il Parlamento Europeo. “Come è possibile che dopo aver legiferato per 50 anni sulla parità salariale, ci sia ancora un 16-17% di differenza tra generi?” si chiede la deputata slovacca di centro destra Edit Bauer, e relatrice della giornata della parità retributiva tra uomini e donne. Secondo la deputata le conseguenze di un divario salariale vanno oltre la rischio di maggiore povertà: si tratta di una vera e propria discriminazione che aumenta anche con l’età. Ci sono, infatti, differenze anche per quanto riguarda le pensioni. E questo incide sul tasso di natalità: nei paesi in cui il divario è minore, c’è un tasso di natalità più elevato. Anche in settori in cui le donne lavorano maggiormente, gli uomini hanno salari più elevati. Questo dipende soprattutto da fattori culturali. Bisogna cambiare atteggiamento rispetto alla maternità.


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