Il cibo è il grande protagonista di discussioni, analisi, nuove tendenze, allarmi più o meno giustificati, programmi tv, campagne social. Non può dunque stupire quanto sia alta l’attenzione quando si parla di cibo e bambini: il cibo non è solo nutrimento ma è anche educazione, il cibo richiede elevati dosi di consapevolezza da parte dei genitori, al cibo viene dedicato un marketing sempre più sofisticato e sempre più rivolto ai baby consumatori che rischiano di mangiare troppi grassi e zuccheri. E poi c’è il grande protagonista dell’anno, quell’olio di palma che tante aziende hanno finito per togliere dalle loro ricette, tranne che nei latti per l’infanzia. E poi c’è il tema del baby food e degli alimenti industriali specifici fino ai tre anni d’età, che l’industria promuove con l’avallo di diverse sigle dei pediatri – ma non di tutte.

nutrizione sicurezza baby food aiipaCosa sta accadendo? L’Associazione italiana industria prodotti alimentari (Aiipa) ha lanciato una campagna di promozione dei prodotti alimentari destinati alla prima infanzia che si avvale di un sito internet, di poster diretti agli studi pediatrici, di un marchio collettivo per il baby food – dal nome “Nutrizione e sicurezza specializzate” – che vuole  “fare chiarezza sulle caratteristiche e sulla qualità nutrizionale degli alimenti specifici per la prima infanzia”. Un bollino di qualità per il bay food, insomma, perché “il bambino non è un piccolo adulto, ma ha bisogni nutrizionali e di sicurezza particolari, garantiti da normative specifiche”. I contenuti scientifici dell’iniziativa sono stati condivisi dalla Società italiana di pediatria (Sip) e dalla Federazione italiana medici pediatri (Fimp). E questo ha creato polemiche, perché non tutti i pediatri sono d’accordo col messaggio veicolato. Dalla campagna che rivendica la sicurezza del baby food, presentandolo come più sicuro, si sono infatti dissociati i pediatri dell’Associazione culturale pediatri (Acp) che hanno ribadito la sicurezza degli alimenti freschi in commercio e hanno chiesto di non fare marketing sulla pelle dei bambini. Insomma: vero è che gli omogeneizzati e le pappe sono sicuri, ma lo sono anche verdura, frutta e cereali freschi – sostengono i pediatri Acp – mentre la campagna dell’industria finisce proprio per creare dubbi ingiustificati sull’adeguatezza nutrizionale degli alimenti freschi.

lattePer i genitori spaesati c’è però un altro fronte di paura: quello dei latti per bebè e della presenza in molte formule – in pratica, quasi tutte a parte rare eccezioni – del protagonista indiscusso dell’anno, l’olio di palma. Negli ultimi tempi le analisi si sono sprecate, le denunce e le petizioni online dei consumatori pure, e l’olio di palma è stato progressivamente eliminato da numerosi prodotti, da snack e biscotti a merendine, da parte di quasi tutti i grandi marchi. “Resiste” ancora, però, nei latti per l’infanzia. E  dunque è partita la richiesta di cambiare la formula del latte artificiale per renderlo pienamente garantito e sicuro, rispondendo prima di tutto al principio di precauzione. Una nuova petizione su change.org – lanciata da Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade – ha chiesto alle aziende di cambiare immediatamente le formule del latte. Anche perché a pesare è stato, a maggio del 2016, l’intervento dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare: l’olio di palma, ha evidenziato l’Efsa, contiene tre sostanze contaminanti tossiche, di cui una classificata come genotossica e cancerogena, che si formano nel processo di raffinazione ad alte temperature. Per questo il consumo di eccessive dosi è  sconsigliato agli adolescenti e ai bambini – il palma c’è infatti in dolci, biscotti, fette biscottate e appunti nei latti per l’infanzia.

obesità_infantileIl cibo è poi collegato ai rischi di obesità infantile. I numeri si rincorrono ed evidenziano ogni volta quanto sia diffuso questo fenomeno fra bambini e ragazzini: se l’obesità infantile è infatti un’emergenza sanitaria in tutti i paesi industrializzati – e crea da subito gravi problemi di salute – l’Italia non se la passa affatto bene, contando il 20,9% di bambini in sovrappeso e il 9,8% di bambini obesi. Qualcosa sta migliorando ma allo stesso tempo accade spesso che i genitori non vedano, letteralmente, che i figli siano in sovrappeso. Senza contare i rischi che arrivano da quel fronte sempre aperto rappresentato dal legame perverso fra cibo spazzatura, pubblicità e minori. Quando vengono bombardati di pubblicità di cibo e snack i bambini sono invogliati a mangiare anche se non hanno fame. Uno studio  condotto presso l’Health Promotion Research Center a Dartmouth, pubblicato sulla rivista Pediatrics e realizzato su bimbi  molto piccoli, dai 2 ai 5 anni, ha evidenziato che le pubblicità che reclamizzano cibo influenzano la quantità di merende e snack consumate dai più piccoli. E poi c’è l’allarme dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che ha denunciato come la pubblicità degli alimenti nocivi, del junk food, di cibi pieni di zuccheri e grassi passi sempre più spesso dai social network e dalla promozione sui media digitali.

I giovani sono bombardati da messaggi sbagliati legati al consumo di alimenti, sono esposti a tecniche nascoste di digital marketing, seguono i propri marchi preferiti anche di cibo sui social network, vedono le promozioni e spesso giocano attraverso gli “advergames”. C’è poi da stupirsi che diventino fan di un marchio e che finiscano per condizionare le scelte di consumo dei genitori? Se dunque c’è una obiettivo da lanciare per il 2017, è proprio quello di trovare gli strumenti utili per gestire il rapporto dei più piccoli col cibo e per dare a genitori e bambini la capacità di scegliere cosa e come mangiare, in libertà come pure in salute e in sicurezza.

 

@sabrybergamini


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