
“4 You”, altre vittore di Confconsumatori
Continuano le vittorie dei risparmiatori che anni fa hanno sottoscritto un contratto “4 You”, un piano finanziario ritirato dal mercato ormai da diversi anni, ma sottoscritto da moltissimi italiani, ignari dei reali contenuti dell’investimento e dei rischi che esso comportava. Le banche hanno violato l’obbligo di fornire al cliente informazioni chiare sul prodotto.
Le ultime 3 vittorie ottenute da Confconsumatori confermano l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza in tema di contratti “4 You”: “a inchiodare le banche, in tutti e tre i casi, è stata la carenza di informazioni dettagliate e chiare che l’istituto è tenuto a fornire al cliente per legge, soprattutto in relazione alla sua propensione al rischio, troppe volte ignorata”. Alla luce della violazione dell’obbligo di informazione i tribunali di Massa Carrara e Monza hanno così condannato le banche alla restituzione di quanto versato dai risparmiatori, più gli interessi e le spese legali.
Ecco i singoli casi raccontati da Confconsumatori. Una vittoria da oltre 76.000 euro, quella ottenuta per un investitore di Monza che aveva sottoscritto un “4 You” nel 2001. “Il tribunale – spiega l’avvocato Martino Bianchi di Confconsumatori Monza – ha accertato che tutti gli allegati del contratto “4 You”, illustrativi la classe di rischio “alta”, non sono stati consegnati all’investitore. Inoltre le clausole del contratto concernenti la circostanza che l’investitore ha preso visione degli allegati sono clausole vessatorie, in quanto creano un significativo squilibrio tra il consumatore e la banca negoziatrice e, in quanto clausole non specificatamente sottoscritte, sono altresì nulle”.
Infine, il caso di Massa Carrara. Tre associati credevano di aver sottoscritto un piano di accumulo senza rischi e, invece, leggendo i giornali, si erano resi conto della reale natura dell’investimento e del rischio di non poter recuperare il capitale. Grazie a Confconsumatori hanno riportato a casa 26.000 euro. “Il promotore – spiega l’avvocato Francesca Galloni – aveva messo in chiaro insistentemente che non vi era alcun pericolo di perdita del capitale. Ma, data la sua posizione professionale, non si può ritenere che non conoscesse le effettive caratteristiche del prodotto che stava vendendo”.

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