Abitudini di spesa, cosa abbiamo messo nel carrello durante il lockdown
Il Coronavirus ha cambiato le abitudini di spesa degli italiani: dalla spesa bunker delle prime settimane, al comfort food degli aperitivi digital
Italia, 4 maggio 2020. Dopo 8 settimane di distanziamento sociale e quarantena cosa è cambiato nelle abitudini degli italiani? Sebbene sia prematuro fare valutazioni sul come e se questa esperienza ci abbia cambiati, una cosa è certa, le nostre abitudini di spesa durante il lockdown non sono state quelle di sempre.
Alla notizia dell’imminente chiusura di tutte le attività produttive del Paese, gli italiani hanno reagito con la “Spesa bunker”. Col passare del tempo però, quando è divenuto chiaro che la quarantena si sarebbe prolungata e che soprattutto gli approvvigionamenti sarebbero rimasti costanti, la spesa si è fatta moderata.
Coop ha analizzato la spesa degli italiani attraverso i suoi canali di vendita nel corso dell’emergenza sanitaria.
All’inizio fu l’igiene
Lavarsi spesso le mani e disinfettarsi. Questa raccomandazione è stata la prima a radicarsi nelle nuove abitudini degli italiani alle prese con il Coronavirus. Saponi e disinfettanti quindi sono stati presi d’assalto nei supermercati. Secondo Coop Amuchina e simili hanno totalizzato nei due mesi di vendite crescite in media del +377%, le salviettine disinfettate +616% e i termometri e i disinfettanti per superfici intorno al +200%.
La mania di pulizia, la ricerca dell’igiene è passata anche per rimedi non ortodossi, come l’alcol etilico alimentare che nonostante il suo prezzo elevato ha registrato nelle 8 settimane crescite del +97%, quasi non si badi a spese pur di sanificare la casa e se stessi.
Ma il vero boom lo registrano le mascherine. Già nelle prime tre settimane raggiungevano crescite del + 337% (e nonostante la penuria negli scaffali), con i nuovi approvvigionamenti poi, e l’avvicinarsi della Fase 2, dal 16 marzo al 19 aprile hanno raggiunto picchi di crescita nelle vendite di +1616% (attestando la media dei due mesi intorno al +1160%).
Abitudini di spesa: dal bunker all’aperitivo digital
Scorte di conserve di verdure, pasta, riso e olio hanno fatto schizzare le vendite di questi generi nelle prime 3 settimane (24 febbraio-15 marzo) rispettivamente a +65%, +53%, +48% e +35%. Un’attitudine alle scorte e alla lunga conservazione che ha riportato nei carrelli beni di solito poco usati e di lontana memoria come le conserve di carne +62% (come quella in scatola) e le minestre liofilizzate +37%.
Placata l’ansia, è iniziata la discesa a precipizio di pasta, riso, latte uht, biscotti e la cucina è divenuta uno dei molti modi per passare il tempo: gli italiani sono diventati tutti più o meno pizzaioli, pasticceri e panettieri.
Nel totale delle otto settimane la vendita di lievito di birra è cresciuta in media del 149% e quella della mozzarella per pizza del 109%. Uova, burro, farina nel passaggio dalla prima alla seconda fase del lockdown sono ancora in testa al gradimento degli italiani; ad oggi le uova e il burro registrano nel totale dei due mesi crescite del +44% e +46% ma le prime sono addirittura aumentate da marzo a aprile (dal +36,6% al +47,4%), stessa sorte è toccata al burro (dal +39,5% al +49,2%). La farina è passata dal +114% delle prime tre settimane al +174% delle successive 5 per attestarsi a una crescita media nell’intero periodo del +152%.
All’inverso, dal 16 marzo al 19 aprile, le vendite del pane sono calate del -30%, forse anche perché quasi un italiano su due ha paura di comprare cibo che poi non può cuocere. E nelle ultime settimane con un vero e proprio salto in avanti rispetto alla prima fase crescono a due cifre le vendite di aperitivi (+17%) e birra (15,5%), e tornano a crescere anche le creme spalmabili con +37,4%. Calano invece sin dall’inizio della quarantena le bevande e tutti gli integratori per sportivi (-48% e -45% nelle otto settimane).
Due curiosità
Il distanziamento sociale ha provocato inoltre un paio di reazioni degne di nota. Ne hanno molto beneficiato le colorazioni per capelli, passate dal +25% delle prime tre settimane al +164% del periodo tra il dal 16 marzo e il 19 aprile.
Hanno invece pagato un prezzo salato le vendite di preservativi che nell’ultima fase del lockdown scendono di un -37% (era un -3,5% nelle prime settimane).