C’era una volta il Made in Italy, in mani stranieri molti marchi storici
“In dodici mesi sono stati ceduti all’estero tre pezzi importanti del Made in Italy alimentare che sta diventando un’appetibile terra di conquista per gli stranieri”. A lanciare l’allarme è stato Sergio Marini, presidente della Coldiretti, in occasione dell’inaugurazione della Fieragricola di Verona, dove al padiglione 3 stand C2 è stato allestito “lo scaffale del Made in Italy che non c’è piu’”. Marini ha spiegato che si tratta di “un processo favorito dalla crisi di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”.
Secondo il presidente di Coldiretti “si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori. Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo rischia di essere la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero”. E’ per dare un contributo all’inversione di questa tendenza che all’interno della Fieragricola la Coldiretti ha aperto la Bottega di Campagna Amica che si affianca alla grande distribuzione e ai negozi di prossimità e che va ad integrare la rete già attiva delle oltre cinquemila aziende agricole trasformate in punti vendita e dei mille mercati degli agricoltori già presenti su tutto il territorio nazionale. Si tratta della prima catena di vendita diretta organizzata degli agricoltori italiani che offre esclusivamente Made in Italy garantito dalla Fondazione Campagna Amica.
Tra i “pezzi da novanta” del Made in Italy che sono passati in mani straniere, Coldiretti ricorda la Ar Pelati, acquisita dalla società Princes controllata dalla Giapponese Mitsubishi; Gancia, casa storica per la produzione di spumante, acquistata dall’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard. La francese Lactalis è stata, invece protagonista – sottolinea la Coldiretti – dell’operazione che ha portato la Parmalat finire sotto controllo transalpino. E la lista è ancora molto lunga.