
Olio extravergine, Copagri: riflettere sul funzionamento del settore
Olio d’oliva, il Salvagente: 7 campioni su 15 non sono extravergini
Secondo l’inchiesta del mensile Il Salvagente, su 15 campioni di olio d’oliva analizzati al panel test, sette non sono extravergini: nessun danno per la salute, ma un olio extravergine costa dal 30 al 50% in più rispetto a un olio vergine
Sette campioni di olio extravergine di oliva comunitari e non – sui 15 analizzati al panel test – sono risultati essere dei semplici oli di oliva vergine. È quanto emerge dal nuovo test del mensile Il Salvagente, realizzato in collaborazione con il laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Roma (per i risultati completi del test, vai al Salvagente online).
“Nessun danno per la salute del consumatore quanto invece per le tasche – spiega Il Salvagente. – Un olio extravergine infatti costa dal 30 al 50% in più rispetto a un olio vergine”.
Quali caratteristiche deve avere l’olio extravergine?
Come spiegato dal mensile Il Salvagente, un olio per essere definito e venduto come extravergine deve rispettare i parametri chimici previsti dalla normativa e superare la prova del panel test, obbligatoria per legge dal 1991 (Reg. Ue n. 2568/91 e successive modificazioni) e condotta da assaggiatori esperti e allenati, senza presentare difetti organolettici.
L’attribuzione anche di una sola nota negativa dagli assaggiatori accreditati ne decreta il declassamento, ad esempio dalla categoria “extravergine” a quella inferiore di “vergine”.
“Ancora nel settore dell’olio sembra replicarsi una vicenda conosciuta, di proposta commerciale – da parte di alcune marche – di prodotti privi delle caratteristiche vantate”, è il commento all’inchiesta del Salvagente di Gian Carlo Caselli, presidente dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.
La prima inchiesta
L’inchiesta del mensile Il Salvagente arriva a sei anni dalla prima, che contribuì a denunciare la scarsa qualità degli extravergini in commercio: anche in quell’occasione la metà dei prodotti analizzati – 9 campioni su 20 – vennero declassati a vergine dal panel test delle Dogane.
Dopo la pubblicazione dei risultati la Procura di Torino, con l’allora procuratore Guariniello, aprì un fascicolo di indagine con l’ipotesi di frode in commercio nei confronti dei marchi coinvolti e l’Autorità Antitrust indagò e multò alcune delle stesse aziende per pratica commerciale scorretta.
“Il panel test non è prova soggettiva – spiega Stefano Masini, responsabile Ambiente e territorio della Coldiretti e docente di Diritto alimentare all’Università Tor Vergata di Roma. – Il Consiglio di Stato con la sentenza del 20 novembre 2020, credo abbia detto una parola definitiva sull’attendibilità e oggettività del panel test ritenendo la prova organolettica ‘essenziale per la corretta classificazione degli oli’ e sancendo che i suoi risultati non si traducono in ‘decisioni arbitrarie’ essendo ‘governata da stringenti parametri normativi predeterminati’”.
“Fatta questa precisazione – conclude – è doveroso intensificare i controlli e aumentare le valutazioni organolettiche per evitare che i consumatori possano essere vittime di frodi”.

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