Crisi climatica, solo quest’anno 62 alluvioni. Italia esposta e in ritardo
L’Italia è sempre più esposta agli eventi estremi e alla crisi climatica. Mappa del rischio climatico di Legambiente: da gennaio a settembre di quest’anno ci sono state 62 alluvioni e allagamenti da piogge intense. Mentre il Piano di adattamento alla crisi climatica è in standby
La crisi climatica è qui e ora. Bombe d’acqua, allagamenti, esondazioni di fiumi, trombe d’aria e ondate di calore sono sempre più diffuse. Non è maltempo, è la crisi del clima, contro cui bisogna mettere in atto politiche di prevenzione e di adattamento. E l’Italia è indietro, se si considera che da un lato è sempre più soggetta a eventi climatici estremi ma dall’altro ancora non ha approvato il Piano nazionale di adattamento alla crisi climatica, che è in standby dal 2018. Nel frattempo da gennaio a settembre di quest’anno ci sono già state 62 alluvioni e allagamenti da piogge intense. Sono i dati aggiornati della mappa del rischio climatico realizzata da Legambiente, che fa la conta degli eventi meteo estremi e punta i riflettori sul ritardo del paese.
Alluvione nelle Marche, ennesimo campanello d’allarme
«L’alluvione che ha colpito le Marche è l’ennesimo campanello d’allarme che il Pianeta ci sta inviando – dice Legambiente – Con la crisi climatica non si scherza, servono interventi non più rimandabili».
La mappa del rischio climatico dice che in soli nove mesi, da gennaio a settembre 2022, l’Italia è già stata colpita da 62 alluvioni, inclusi allagamenti da piogge intense. E l’autunno deve ancora arrivare. Dal 2010 a settembre 2022, in dodici anni, si registrano in Italia 510 alluvioni (e allagamenti da piogge intense che hanno provocato danni). Di questi 57 nel Lazio, 36 in Toscana, 26 nelle Marche e 6 in Umbria.
Nel frattempo il Piano nazionale di adattamento alla crisi climatica è scomparso dall’agenda politica italiana – mentre se si guarda ai media e alla campagna elettorale, emerge l’assenza della crisi climatica dal dibattito politico e pubblico (indagine Greenpeace/Osservatorio di Pavia).
Piano di adattamento al clima, Italia in ritardo
L’Italia, denuncia Legambiente, «è rimasto l’unico grande Paese europeo senza un Piano di adattamento al clima, per cui continua a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione che vada a tutelare le aree urbanizzate e gli ambienti naturali delle aree di pianura e montane».
«Non c’è più tempo da perdere – ha detto Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Serve aggiornare e approvare entro fine anno il piano nazionale di adattamento alla crisi climatica, in stand by dal 2018, praticare serie politiche territoriali di prevenzione del rischio idrogeologico, con una legge nazionale contro il consumo di suolo e interventi di delocalizzazione, e promuovere campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone».
Gli eventi climatici estremi sono sempre più diffusi in Italia, paese particolarmente esposto e fragile per ragioni geografiche, territoriali, ambientali. Ci sono bombe d’acqua, trombe d’aria, ondate di calore, forte siccità e sono fenomeni tutti in aumento, che causano danni e vittime. Secondo l’Osservatorio Città Clima curato da Legambiente, da gennaio a luglio 2022 si sono registrati in Italia 132 eventi climatici estremi, numero più alto della media annua dell’ultimo decennio. Preoccupante anche il dato complessivo degli ultimi anni: dal 2010 a luglio 2022 in Italia si sono verificati 1318 eventi estremi, con impatti molto rilevanti in 710 comuni italiani.
Nonostante tutto questo, l’Italia non va avanti nella gestione, nella prevenzione e nell’adattamento alla crisi climatica. Il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, pubblicato in bozza quattro anni fa, «non è stato ancora approvato, nonostante siano passati nel frattempo 3 governi (Conte 1 e 2, Draghi) e 2 ministri (Sergio Costa e Roberto Cingolani) – spiega Ciafani – Se non si approva in tempi brevissimi il Piano rischiamo nei prossimi anni un disastroso impatto sociale, ambientale ed economico, e di sprecare anche le risorse del PNRR con opere non rispondenti alle urgenti politiche di adattamento».
A questo si aggiunge il rischio idrogeologico dell’Italia, che non viene affrontato.
Crisi climatica, cosa fare?
Cosa bisogna fare? Legambiente ribadisce che bisogna prevedere «il divieto di edificazione nelle aree a rischio; la riapertura dei fossi e dei fiumi tombati nel passato; il recupero della permeabilità del suolo attraverso la diffusione di Sistemi di drenaggio sostenibile (SUDS) che sostituiscono l’asfalto e il cemento; lo stop al consumo di suolo con quella legge nazionale mai approvata nelle ultime legislature e il ripristino delle aree di esondazione naturale dei corsi d’acqua laddove possibile».
Tutto questo neanche basta. L’intensificazione degli eventi estremi richiede «un’attenzione straordinaria alla cultura di convivenza con il rischio per informare e formare i cittadini sui comportamenti da adottare in situazioni di emergenza».