Cybersecurity, aumentano le minacce informatiche ma 4 italiani su 10 non si tutelano
Secondo il Rapporto Rapporto Censis-DeepCyber, l’81,7% degli utenti teme di subire furti dei propri dati personali sul web. Il 64,6% ha ricevuto e-mail ingannevoli, il 13,8% ha subìto violazioni della privacy; tuttavia solo il 24,3% degli intervistati sa cosa si intende per cybersecurity
Il 64,6% dei cittadini ha ricevuto e-mail ingannevoli il cui intento era estorcere informazioni personali sensibili e al 14,3% è capitato di avere la carta di credito o il bancomat clonato. Tuttavia quasi 4 italiani su 10 sono indifferenti o non si tutelano dagli attacchi informatici. Sono alcuni dei dati emersi dal Rapporto Censis-DeepCyber sulla cybersecurity.
Un tema, quello della sicurezza informatica, ancora poco conosciuto. Il 24,3% degli intervistati, infatti, sa precisamente cosa si intende per cybersecurity, il 58,6% per grandi linee, mentre il 17,1% non sa cosa sia.
Cybersecurity, i rischi informatici più diffusi
Phishing, ransomware, trojan, malware sono ormai termini diffusi, che richiamano alcune delle minacce informatiche con cui gli utenti fanno i conti quasi quotidianamente, a cui si aggiungono gli attacchi informatici verso istituzioni o aziende maggiori.
Tanti sono coloro che hanno avuto esperienze dirette: dal pc infettato da un virus, alle email con mittente falso, ai pagamenti online fatti a proprio nome tramite carte di credito clonate, passando per i furti o le violazioni di dati sensibili tramite i social, fino ad incontri sul web con malintenzionati. Nel lavoro, poi, in molti hanno sperimentato attacchi informatici contro la propria azienda.
Al 64,6% dei cittadini, come detto, è capitato di ricevere e-mail ingannevoli il cui intento era estorcere informazioni personali sensibili, presentandosi come provenienti dalla banca di riferimento o da aziende di cui la persona era cliente. Il 44,9% (53,3% tra i giovani, 56,2% tra gli occupati) ha avuto il proprio pc/laptop infettato da un virus.
L’insicurezza informatica viaggia anche tramite i pagamenti online: al 14,3% dei cittadini è capitato di avere la carta di credito o il bancomat clonato, al 17,2% di scoprire acquisti online fatti a suo nome ed a suo carico. Il 13,8% ha subìto violazioni della privacy, con furti di dati personali da un device oppure con la condivisione non autorizzata di foto o video.
Al 10,7% è capitato, invece, di scoprire sui social account fake con il proprio nome, identità o foto, al 20,8% di ricevere richieste di denaro da persone conosciute sul web, al 17,1% di intrattenere relazioni online con persone che si erano proposte con falsa identità. Diffuso anche il cyberbullismo: il 28,2% degli studenti dichiara di aver ricevuto, nel corso della propria carriera scolastica, offese, prese in giro, aggressioni tramite social, WhatsApp o la condivisione non autorizzata di video.
Quali sono le paure degli utenti
Secondo quanto emerso dal Rapporto, all’interno di questo scenario aumentano le “cyber-paure”. L’81,7% degli utenti teme di subire furti e violazioni dei propri dati personali sul web.
Tra le attività considerate più rischiose per il furto d’identità ci sono la navigazione web con consultazione di siti (57,8%), l’utilizzo di account social, da Facebook ad Instagram (54,6%), gli acquisti di prodotti online (53,7%), le operazioni di home banking, come effettuare bonifici, verificare il proprio conto corrente (46,6%), le prenotazioni di viaggi e hotel (41,5%).
E poi, ancora, l’utilizzo di app per incontri, come ad esempio Tinder (41%), quello di programmi di messaggistica istantanea, come WhatsApp (40,2%), il pagamento online di bollettini (38,4%), la partecipazione a webinar o incontri online (38,3%), l’accesso a servizi digitali della pubblica amministrazione, ad esempio, tramite Spid (30,8%).
Per tutelarsi, quindi, il 61,6% degli intervistati adotta alcune precauzioni: l’82%, ad esempio, ricorre a software e app di tutela per i propri device e il 18% si rivolge ad un esperto. Il 28,1%, invece, pur dichiarandosi preoccupato, non fa nulla di concreto per difendersi, mentre il 10,3% non ha alcuna preoccupazione sulla sicurezza informatica.