Liste di attesa nel Lazio, Cittadinanzattiva: la regola? I tempi non sono rispettati
Cittadinanzattiva Lazio ha monitorato dalle segnalazioni dei cittadini le liste di attesa nella regione. I tempi delle prescrizioni sono “sistematicamente non rispettati”. E le visite si trovano solo in intramoenia
Una persona su cinque rinuncia a prestazioni mediche, in gran parte perché si dovrebbe spostare troppo e per ragioni economiche. Uno su cinque si rivolge all’intramoenia perché non è sicuro del rispetto dei tempi della visita. Mentre le liste d’attesa, grande vulnus della sanità, rispettano sì una regola: quella di non rispettare i tempi.
I tempi previsti nelle prescrizioni vengono “sistematicamente non rispettati”, denuncia Cittadinanzattiva Lazio che ha effettuato un nuovo monitoraggio sulle liste di attesa in sanità nel Lazio. L’associazione chiede di attivare percorsi di garanzia per chi non riesce ad accedere ai servizi sanitari “scomparendo” così dai percorsi di cura. Perchè quello che accade, testimoniato anche dalle segnalazioni arrivate dai cittadini via social, è che se i tempi di attesa sono fuori controllo, chi può si rivolge altrove ma questo esclude chi non può.
Queste le parole consegnate da un cittadino a Cittadinanzattiva: «Sto pensando seriamente di abbandonare le cure. Perché non ho disponibilità economica per andare nel privato e perché le prenotazioni delle mie visite sono troppo in là».
«Ecco, se questo è il “sentimento” – commenta Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio – abbiamo il dovere di ridurre i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie. Non è solo una questione di efficienza del servizio, è una questione di dignità delle persone».
Le liste di attesa nel Lazio: difficoltà di prenotazione e mancato rispetto delle priorità
A 8 mesi di distanza dalla precedente rilevazione, Cittadinanzattiva Lazio ha diffuso i dati del nuovo monitoraggio sui temi di attesa nel Lazio per le prestazioni in ambito sanitario, a cui hanno partecipato 792 cittadini, di cui il 67% donne. Oltre otto su dieci risiedono a Roma.
Oltre un terzo dei cittadini (il 36,4%) ha segnalato la difficoltà a prenotare prestazioni sanitarie; il 17,2% denuncia il Mancato rispetto dei codici di priorità previste (i famosi codici U,B,D,P); il 15,2% lamenta i tempi lunghi di attesa al CUP per parlare con operatori (qui c’è un sensibile miglioramento del servizio). L’11,1% delle segnalazioni riguardano la voce del Medico che non prenota/prescrive successivi controlli.
Quali liste di attesa creano più problemi? Al primo posto con il 40,8% (era 42,5% a febbraio) ci sono gli Esami diagnostici, voce seguita con il 24,5% (era 28,8% a febbraio) dalle Prime visite specialistiche, all’8,2% dagli Interventi chirurgici, al 10,2% da Visite controllo/Follow up. C’è anche il 3,3% di liste di attesa problematiche sugli Screening Oncologici.
Nelle prescrizioni sono quattro i tempi previsti: U urgente entro 3 giorni; B Breve entro 10 giorni; D Differibile entro 30 giorni; P Programmata entro 120 giorni. Questi, denuncia Cittadinanzattiva Lazio, “vengono sistematicamente non rispettati, con un rapporto che va da 1 rispettata ogni 2 non rispettata Urgente (come a febbraio); 1 a 3 per Breve (come a febbraio); 1 a 6 Differita (era 1 a 5 a febbraio); 1 a 2 Programmata (come a febbraio)”.
La rinuncia alle visite e le prestazioni intramoenia
Altri problemi riguardano la distanza delle prestazioni sanitarie cui si riesce ad accedere dal luogo di residenza. Il 33,7% dei cittadini che hanno partecipato all’indagine è dovuto andare in una ASL differente dalla propria; il 29,3% è andato in un Distretto della propria ASL ma non nel proprio di residenza; il 22,8% ha trovato la prestazione nel proprio Distretto di residenza.
“Il dato molto preoccupante – spiega però Cittadinanzattiva – riguarda il 22,6% delle persone che ha dichiarato di non aver fatto la prestazione, con un aumento rispetto a febbraio del 2,6%. Per il 36,5% (era il 50%) a causa della distanza troppo importante dal luogo di residenza; per il 25% (era il 18,4%) la Disponibilità economica; per il 21,2 % (era il 15,8%) la Disponibilità di tempo”.
Ancora: solo quattro cittadini su dieci (40,9%) hanno eseguito la prestazione nel pubblico.
Ben il 20,4%, oltre uno su cinque, l’ha fatta in Intramoenia. E di questi l’83,8% (era il 79,3% nella rilevazione precedente) ha fatto la prestazione in Intramoenia perché non aveva garanzia che nel pubblico avrebbe fatto in tempo; il 10,8% (era il 13,8%) è stato inviato dal CUP per tempi lunghi nel Pubblico. Inoltre, il 6,5% (era 8,6%) ha fatto la prestazione in Extramoenia; il 4,3% (era il 5,7%) ha fatto la prestazione Fuori Regione.
Il sentimento dei cittadini via social
Una parte delle segnalazioni, sono state usate come “termometro” dei sentimenti delle persone e non nell’analisi dati, è arrivata dai social media. Si tratta di oltre duecento commenti che a volte raccontano la propria esperienza, a volte veicolano insulti, in un caso riportano la data di prenotazione della prestazione sanitaria: 15/3/2025. Si è già slittato avanti al 2025.
Questi commenti, spiega l’associazione, rappresentano almeno tre categorie di sentimenti. La prima è la mancanza di fiducia verso la politica e la gestione della salute nel Lazio.
La seconda riguarda il rapporto fra liste di attesa e intramoenia.
“Molti hanno sottolineato nei commenti il fatto che nella normale, si fa per dire, lista di attesa, i tempi sono mediamente sempre fuori controllo, oltre un anno (con casi di prenotazione già per il 2025) anche per patologie importanti, mentre con l’intramoenia pagando, tra 120 e 400 euro, la prestazione viene fatta in pochi giorni”.
A questo si aggiunge la testimonianza di cittadini che hanno trovato i locali vuoti quando hanno eseguito visite in intramoenia nelle Asl.
Un terzo elemento denuncia che l’organizzazione dei servizi non è adeguata. Non funziona bene.
“Diversi lamentano il fatto che il posto fruibile per primo, sempre a distanza minima di sette mesi, è fuori dalla propria ASL. Persone residenti a Roma che hanno trovato il posto a Latina; da Tivoli al San Filippo Neri; fuori Regione in Abruzzo. Insomma, una grande “migrazione” alla ricerca di un posto in tempi rapidi”.
«Le liste di attesa – commenta Rosati – sono un problema fondamentalmente di organizzazione del servizio dove tutti i diversi attori, dal medico di base allo specialista, dal RECUP alle Direzioni Aziendali, devono organizzare la filiera di accesso in modo lineare».