Torniamo a curarci, Cittadinanzattiva: scarsa trasparenza nel recupero delle liste di attesa
Da Exposanità a Bologna Cittadinanzattiva rilancia la campagna “Torniamo a curarci”. E denuncia scarsa trasparenza delle Regioni nel recupero delle prestazioni post covid e nelle liste di attesa
«Negli ultimi due anni a causa del Covid quattro milioni di persone hanno dovuto rinunciare alle cure, alla prevenzione, ai ricoveri e ai trattamenti sanitari di controllo. È ora di tornare a curarci. Le Regioni, le Asl devono mettere in campo strategie per consentire ai cittadini l’accesso ai servizi, per abbattere tutte le liste di attesa. E noi cittadini dobbiamo esigere di curarci, dobbiamo tornare alla prevenzione, dobbiamo denunciare le liste bloccate e i tempi inaccettabili».
È l’appello di Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, nella campagna Torniamo a curarci rilanciata oggi da Exposanità a Bologna.
La pesante eredità della pandemia
Cittadinanzattiva denuncia che sulle liste di attesa è ancora scarsa la trasparenza delle Regioni sul recupero delle prestazioni post covid.
Due anni di pandemia, e lo certifica il Rapporto civico sulla salute diffuso solo pochi giorni fa, hanno infatti lasciato un’eredità pesantissima sulla sanità e sull’accesso ai servizi sanitari dei cittadini. Ci sono quasi due anni di attesa per una mammografia, un anno per fare un’ecografia o una tac, un anno per la visita diabetologica e per un intervento chirurgico, addirittura sei mesi per un intervento oncologico. Ci sono state meno prestazioni sanitarie e meno ricoveri. In quasi sei regioni su dieci sono stati interrotti o sospesi gli screening oncologici, in ritardo in oltre la metà dei territori regionali.
Durante il 2021 oltre un cittadino su dieci ha rinunciato alle cure per problemi economici o per la difficoltà di accesso al servizio sanitario. Le coperture per i vaccini ordinari sono in calo. È una situazione di macerie sui cui si aggancia la paura, tanta, per le conseguenze future di questi ritardi nella cura e nella prevenzione.
Liste di attesa e scarsa trasparenza
«Per recuperare le prestazioni dei pazienti non Covid rimaste indietro negli ultimi due anni di pandemia, il Governo è intervenuto a più riprese, stanziando risorse con il Decreto agosto 2020 (500 mln di euro) e con l’ultima manovra di bilancio (sempre 500 milioni) per i cosiddetti Piani di recupero delle liste di attesa, potenziando la telemedicina, semplificando le procedure per l’assunzione di personale – dice Cittadinanzattiva – Nonostante questo ad oggi mancano dati certi nelle diverse Regioni».
Nelle scorse settimane l’associazione ha inviato a tutte le Regioni un’istanza di accesso civico per conoscere i dettagli dei Piani di recupero delle liste di attesa, i fondi disponibili, le attività messe in campo, le prestazioni recuperate e da recuperare. Su 21 regioni, solo 9 hanno dato risposta (Abruzzo, Campania, Marche, Molise, Sicilia, Umbria, Valle D’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano). Ma fatta eccezione per l’Umbria, il resto delle risposte ricevute sono di natura interlocutoria e nessuna delle 8 regioni ha fornito, dice Cittadinanzattiva, dati esaustivi sul numero delle prestazioni effettivamente recuperate.
Torniamo a curarci, i cittadini hanno diritto alle cure
Oggi l’associazione rilanca da Exposanità la campagna Torniamo a curarci, promossa nel 2021 per sollecitare le istituzioni a Piani di recupero delle liste di attesa e per invitare i cittadini a prendersi cura della propria salute, tornano alla prevenzione.
Solo nel 2020, ricorda la campagna, c’è stato un calo del 20,3% delle prestazioni ambulatoriali e specialistiche (fonte Istat); 2 milioni in meno di prestazioni indifferibili (-7% fonte Istat); 1,3 milioni di ricoveri in meno (-17% fonte Corte dei Conti), con un 13% in meno di ricoveri in chirurgia oncologica e un 20% in meno di ricoveri in ambito cardiovascolare e cardiochirurgico.
«Fra 2019 e 2020 si è avuta una riduzione di oltre 144,5 milioni di prestazioni di specialistica ambulatoriale (analisi di Corte dei Conti e Agenas-Sant’Anna di Pisa), una riduzione di circa 5100 interventi chirurgici per tumore alla mammella, di 3000 interventi per tumore al colon retto, di 1700 interventi per tumore alla prostata – spiega oggi Valeria Fava, responsabile politiche della salute di Cittadinanzattiva – E i tempi di attesa nel 2021, come abbiamo evidenziato nel nostro ultimo Rapporto civico sulla salute, sono schizzati all’insù: due anni per una mammografia, quasi un anno per una ecografia o una tac o un intervento ortopedico, per fare alcuni esempi».
Bisogna intervenire su una situazione di scarsa trasparenza perché i cittadini hanno diritto alle cure. Prosegue Fava: «Al Ministero della Salute chiediamo di monitorare con attenzione l’attuazione dei Piani regionali e di mettere a punto strumenti più vincolanti perché Asl e Regioni garantiscano un vero recupero delle liste d’attesa, rispettino i tempi massimi e perché ai cittadini siano garantiti gli stessi diritti, soprattutto in termini di accesso alle prestazioni, indipendentemente dal territorio in cui vivono. Fondamentale è l’estensione delle buone pratiche messe a punto in alcuni territori per garantire maggiore accesso alle cure».
Liste di attesa, le buone pratiche ci sono
Le buone pratiche infatti ci sono. E in questo panorama desolante vale la pena di ricordare le esperienze citate da Cittadinanzattiva. Fra queste il modello della ROC (Rete oncologica campana) che ha organizzato un sistema di presa in carico dei pazienti oncologici in grado, grazie all’interazione informatica tra medici di medicina generale e rete ospedaliera, di garantire, entro 7 giorni dal primo sospetto di diagnosi, l’accesso ai servizi in una delle 23 strutture oncologiche della regione Campania. C’è poi l’esperienza della Asl 2 Abruzzo che ha organizzato un sistema di recupero delle prestazioni in sospeso, attraverso azioni quali l’estensione degli orari di apertura degli ambulatori, sedute aggiuntive e potenziamento delle attività di recall dei pazienti. E ancora il servizio di promozione della telemedicina in Puglia, che ha coinvolto nella innovativa piattaforma CoreHealth (Centrale operativa regionale sanità digitale) 13 Breast Unit e 18 Centri di orientamento oncologico per il reclutamento stabile dei pazienti, attraverso una App e specifici dispositivi medici, per seguire l’intero percorso di cura, in cui si alternano momenti digitali e momenti tradizionali.