Antitrust: istruttoria contro Indesit e Whirlpool su segnalazione MDC
Assistenza tecnica a pagamento anche durante il periodo di garanzia. E servizio clienti a pagamento, quel telefono a prefisso 199 che ha costi elevatissimi e non sempre ben chiari al consumatore. L’Antitrust, su segnalazione del Movimento Difesa del Cittadino, ha deciso di aprire un’istruttoria a carico di Whirlpool ed Indesit per pratiche commerciali scorrette nell’ambito della garanzia legale e dei servizi di assistenza al consumatore, nonché dell’applicazione del diritto di recesso.
A darne notizia è proprio MDC che spiega quali sono i comportamenti addebitati alle due aziende e segnalati da diversi consumatori. Uno riguarda il fatto che, durante il periodo coperto da garanzia legale, queste avrebbero richiesto un contributo di 30 euro per ogni intervento di assistenza tecnica per la riparazione degli elettrodomestici bianchi a marchio Indesit, Ariston Ignis e Whirpool. Le due società hanno spiegato che dopo 6 mesi dalla consegna del prodotto l’onere di dimostrare la sussistenza del difetto originario graverebbe sul consumatore. Nel caso in cui il cliente non sia in grado di dimostrare tale prova, l’intervento in garanzia non può essere assicurato gratuitamente. Inoltre alcuni componenti del prodotto, dalle maniglie agli oblò, sarebbero da escludere in assoluto dalla copertura della garanzia di conformità.
Ci sono poi i numeri a sovrapprezzo per il servizio clienti: chi vuole contattare telefonicamente l’assistenza è obbligato a comporre i numeri 199 che hanno costi elevatissimi, peraltro non sempre specificati. Il costo della telefonata da rete fissa sarebbe di oltre 14 centesimi al minuto mentre da cellulare il costo varia in base all’operatore ed è possibile scoprirlo solo effettuando la chiamata. Una pratica fra l’altro invisa alla stessa Europa: proprio di pochissimi giorni fa la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che ha precisato che il costo di una chiamata verso il numero di assistenza post-vendita non deve eccedere quello di una “chiamata standard” verso un telefono fisso o un cellulare.
“I call center a pagamento sono una delle pessime abitudini più diffuse nei sistemi post-vendita di molti rivenditori di elettronica ed elettrodomestici e rappresentano un vero e proprio business contro cui ci battiamo da anni – denuncia il presidente del Movimento Difesa del Cittadino Francesco Luongo – Riteniamo che il cliente, nel prezzo concordato in sede contrattuale, paghi anche il servizio per l’assistenza che non può pertanto considerarsi in alcun modo “gratuitamente fornito dall’operatore” bensì compreso nel prezzo pagato dall’utente. Il nostro Codice del Consumo prevede che nel contatto con il cliente il venditore debba applicare la tariffa base evitando sovrapprezzi ammissibili solo in sede di acquisto di servizi particolari delineati nel piano di numerazione nazionale. L’utilizzo di un numero eccessivamente costoso equivale a far pagare al consumatore costi supplementari per lo stesso servizio, dissuadendolo dal chiedere informazioni sui propri diritti”.

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