Sprechi alimentari, la Commissione europea propone riduzione del 30% entro il 2030 (Foto Anna Shvets per Pexels)

La Commissione europea propone di ridurre gli sprechi alimentari a livello individuale del 30% in dieci anni, dal 2020 al 2030. Troppo cibo (e di conseguenza denaro) viene ancora sprecato a livello del consumo. In un pacchetto di misure presentate ieri nell’ambito del Green Deal (volte a un uso sostenibile delle principali risorse naturali e destinato anche a “rafforzare la resilienza dei sistemi alimentari e dell’agricoltura dell’Ue”) ci sono nuove proposte sulla riduzione degli sprechi alimentari a livello comunitario. Nel pacchetto ci sono anche le misure sull’economia circolare dei tessili e sulle nuove tecniche genomiche.

Gli sprechi alimentari nella Ue

“Ogni anno nell’UE – dice Bruxelles – vengono sprecate quasi 59 milioni di tonnellate di prodotti alimentari (131 kg/abitante), con un valore di mercato stimato a 132 miliardi di euro. Oltre la metà degli sprechi alimentari (53%) è prodotta dai nuclei familiari, seguiti dal settore della trasformazione e della produzione alimentare (20%)”.

Combattere gli sprechi alimentari ha un triplice vantaggio: salva alimenti destinati al consumo umano, contribuendo così alla sicurezza alimentare; aiuta le imprese e i consumatori a risparmiare denaro; riduce l’impatto ambientale della produzione e del consumo di alimenti. Per accelerare dunque i progressi dell’Unione, che è già impegnata nel dimezzamento dello spreco alimentare entro il 2030 secondo gli obiettivi Onu di sviluppo sostenibile, la Commissione propone che entro il 2030 gli Stati membri riducano gli sprechi alimentari del 10% a livello di trasformazione e produzione di alimenti, e del 30% (pro capite) complessivamente a livello di vendite al dettaglio e consumo (ristoranti, servizi di ristorazione e famiglie).

Sprechi alimentari, questione etica, economica e ambientale

Limitare gli sprechi alimentari è questione economica, etica e ambientale. Secondo la Commissione europea a oggi sprechiamo circa il 10% di tutti i prodotti alimentari forniti al sistema di vendite al dettaglio, ai ristoranti, ai servizi di ristorazione (ad esempio mense scolastiche e aziendali, ospedali, ecc.) e alle famiglie. È un dato che stride quando confrontato con la povertà alimentare: nello stesso tempo, dice Bruxelles, circa 32,6 milioni di persone non possono permettersi un pasto di qualità (a base di carne, pollo, pesce o equivalente vegetariano) ogni due giorni.

L’impatto ambientale dei rifiuti alimentari è “gigantesco”: 252 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, pari a circa il 16% delle emissioni totali di gas a effetto serra prodotte dal sistema alimentare dell’UE.

“Se la quantità di rifiuti alimentari fosse uno Stato membro, sarebbe al quinto posto tra i maggiore responsabili delle emissioni di gas a effetto serra – spiega la Commissione – Inoltre gli sprechi alimentari gravano inutilmente su risorse naturali già limitate quali l’uso del suolo e dell’acqua”.

Gli sprechi alimentari si verificano lungo tutta la filiera alimentare ma “la quota maggiore viene generata a livello del consumo, che rappresenta dunque un settore di interesse fondamentale per i programmi di prevenzione degli sprechi alimentari”. Eurostat ha stimato che il 53% dei rifiuti alimentari generati nell’UE provenga dai nuclei familiari, il 7% dal commercio all’ingrosso e al dettaglio e il 9% dai ristoranti e servizi di ristorazione. Altri settori che contribuiscono agli sprechi alimentari nell’UE sono la produzione primaria (11%) nonché la trasformazione e produzione alimentare (20%).

Ci sarà un bilancio formale dei progressi fatti dagli Stati entro il 2027, con la possibilità di adeguare gli obiettivi se dati certi indicheranno che l’UE può contribuire in misura ancora maggiore agli obiettivi globali di riduzione degli sprechi.


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