Economia, UNC: retribuzioni crescono quasi la metà dell’inflazione
Preoccupano i Consumatori i dati sull’economia diffusi oggi dall’Istat. UNC: le retribuzioni crescono quasi la metà dell’inflazione. Adoc: l’inflazione continua a viaggiare
I dati sull’economia diffusi oggi dall’Istat sollevano la preoccupazione delle associazioni dei consumatori. I numeri sono diversi ma sono due le dimensioni sulle quale le associazioni si soffermano. La prima, rilevata dall’Istat: nella media del 2023 l’indice delle retribuzioni orarie è cresciuto del 3,1% rispetto all’anno precedente.
La seconda, relativa al fatturato dell’industria: a novembre si stima che, al netto dei fattori stagionali, diminuisca dell’1%, registrando una dinamica negativa su entrambi i mercati (-0,1% sul mercato interno e -2,7% su quello estero).Corretto per gli effetti di calendario il fatturato totale scende in termini tendenziali del 3,4%, con flessioni della stessa intensità anche sul mercato interno e sul mercato estero. Sempre in termini tendenziali, l’indicatore è in diminuzione per l’ottavo mese consecutivo.
UNC: busta paga dignitosa è diritto del lavoratore
Sull’indice delle retribuzioni orarie si sofferma l’Unione Nazionale Consumatori perché questo cresce quasi la metà dell’inflazione.
Spiega infatti il presidente dell’associazione Massimiliano Dona: «Scandaloso che le retribuzioni crescano nel 2023 solo del 3,1%, quando l’inflazione media annua dello scorso anno è stata pari, secondo l’indice Ipca, al 5,9%, ossia quasi il doppio, +5,7% al netto dell’energia. È un diritto del lavoratore avere una busta paga dignitosa, un diritto previsto dall’art. 36 della Costituzione che però è da anni sistematicamente violato. Questa situazione vergognosa va a braccetto con il dato del tempo medio di attesa di rinnovo che segna un balzo inaccettabile dai 20,5 mesi di gennaio 2023 ai 32,2 mesi di dicembre 2023. Per questo da anni chiediamo che in caso di mancato rinnovo dei contratti si ripristini la scala mobile all’inflazione programmata, almeno per chi ha un reddito inferiore a 35 mila euro».
Adoc: l’inflazione batte il potere d’acquisto
L’Adoc invece parte dalla discesa del fatturato dell’industria. Per la presidente Anna Rea i numeri dell’Istat « rappresentano un disagio ben percepibile tra le persone e soprattutto nelle fasce più fragili e vulnerabili. L’industria italiana non sta attraversando un momento facile, momento che si sta intensificando da diversi mesi, poiché è ancora colpita dall’aumento dei prezzi al dettaglio che ha ridotto i consumi di famiglie e imprese e dai venti di incertezza dei conflitti in corso ».
«Ed è sempre il caro prezzi, come sosteniamo da tempo, l’emergenza da affrontare per risollevare le sorti economiche del nostro Paese – prosegue Rea – Il Governo deve intervenire senza indugio per arginare questa influenza negativa che grava sulle tasche delle famiglie. Basta spolverare la povertà delle persone con i bonus, servono interventi concreti e strutturali per far crescere i consumi e far recuperare il potere d’acquisto delle persone. Sempre dai dati di oggi dell’Istat, nel 2023 le retribuzioni sono salite del 3,1%, a fronte di un aumento del 5,7% dei prezzi al consumo. Le retribuzioni continuano a essere le più basse dei Paesi dell’area Ocse e l’inflazione continua a viaggiare. Insomma: l’inflazione batte ancora una volta il potere d’acquisto».