Food4Future, la campagna del WWF per “non mangiarci il Pianeta”
“Alcuni cibi sono la fine del mondo”, nel senso che il sistema alimentare attuale provoca perdita di biodiversità, deforestazione e inquinamento. Per la Giornata della Terra il WWF lancia la campagna “Food4Future” per promuovere la transizione ecologica dei sistemi agroalimentari
Food4Future per non mangiarci il Pianeta. «Alcuni cibi sono la fine del mondo», recita il video della campagna che il WWF ha appena lanciato. In senso letterale, perché il sistema alimentare è la principale causa di perdita di biodiversità, deforestazione e inquinamento. Un livello di consumo che il Pianeta non può sopportare.
Il sistema di produzione e consumo di cibo, l’agricoltura e il sistema alimentare globale da soli provocano l’80% di perdita di biodiversità. Circa il 24% delle emissioni di gas serra è origine antropica e l’’agricoltura è uno dei principali responsabili del cambiamento climatico. La prima causa di deforestazione mondiale è la creazione di nuove coltivazioni e lo spazio dato ad allevamenti intensivi e monoculture. L’aumento nell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, poi, ha sconvolto la chimica del Pianeta e inquinato gli ecosistemi.
Food4Future per la transizione ecologica del sistema alimentare
Da tutto questo, e alla vigilia della Giornata mondiale delle Terra, il WWF lancia la campagna Food4Futureper promuovere la transizione ecologica dei sistemi agroalimentari.
Il Pianeta ha mostrato la finitezza delle proprie risorse e la fragilità dei propri meccanismi di funzionamento, scrive l’associazione. Servono modelli di produzione e consumo alimentari che rispettino il Pianeta e al tempo stesso garantiscano cibo sano, nutriente, equo, sufficiente e pulito per le generazioni di oggi e quelle future.
La Terra viaggia infatti verso i 10 miliardi di popolazione mondiale. Un miliardo già oggi soffre la fame cronica. La denutrizione e la fame contrastano con la cattiva nutrizione fatta di cibo insostenibile perché frutto di sfruttamento dell’ambiente e sbilanciato dal punto di vista nutrizionale – troppo zucchero, troppo sale, troppa carne.
«Quattro le aree d’azione urgenti che se messe in pratica subito a livello globale consentirebbero di rendere i sistemi alimentari più resilienti, inclusivi, sani e sostenibili, tenendo conto delle necessità umane e dei limiti del Pianeta: agire in campo (grow better), in mare (fish better), a tavola (eat better), riducendo perdite e sprechi alimentari (use better)», dice il WWF.
Manifesto Food4Future
L’associazione spiega la sua visione nel Manifesto Food4Future.
Una delle chiavi del cambiamento si trova nelle abitudini alimentari dei singoli così il WWF lancia l’iniziativa #DoEatBetter rivolta ai consumatori, identificati come «perno centrale per un reale cambiamento e per indirizzare le abitudini alimentari verso comportamenti sani, sostenibili e responsabili».
« Dobbiamo correre ai ripari a cominciare da oggi, dalla prossima spesa che faremo – dice Eva Alessi, Responsabile consumi sostenibili e risorse naturali di WWF Italia – È fondamentale modificare i sistemi alimentari, dalla produzione al consumo, per renderli più resilienti, inclusivi, sani e sostenibili, tenendo conto delle necessità umane e dei limiti del Pianeta. Quattro sono le aree in cui è urgente agire, in campo, in mare, a tavola e nella riduzione di perdite e sprechi alimentari. Il cibo è la leva più potente per migliorare la salute umana e degli ecosistemi».
Coltiva sostenibile
Sono quattro le sfide della campagna Food4Future. La prima è grow better, l’obiettivo di coltivare in modo sostenibile.
«La perdita di biodiversità è causata da sistemi agricoli sempre più specializzati e semplificati, che occupano aree sempre più vaste, e dall’uso massiccio di input chimici, che causano il degrado del suolo, l’inquinamento delle acque e dell’atmosfera e minacciano la salute degli organismi. Non solo, le produzioni standardizzate che ne derivano sono immesse sul mercato a costi bassissimi. Per il WWF l’agricoltura deve orientarsi sempre più all’agroecologia, la scienza che applica i principi ecologici alla gestione dei sistemi agricoli, favorendo tutti i processi naturali di rigenerazione e resilienza. Inoltre è necessaria una graduale trasformazione degli allevamenti intensivi industriali a beneficio di un modello di produzione agroecologico».
Pesca sostenibile
L’altro campo di azione è in mare. Fish better, pesca sostenibile contro la pesca eccessiva, distruttiva e illegale.
Su scala globale il 34% degli stock ittici è sovrasfruttato e il 60% è pescato al limite delle proprie capacità di rigenerarsi. I pesci non hanno il tempo di riprodursi. E la pesca distruttiva distrugge il loro habitat e di conseguenza la loro capacità di recupero. Nel Mediterraneo il 75% degli stock ittici monitorati risulta sovrasfruttato.
Mangia sostenibile
La terza sfida è mangiare sostenibile. Eat better. Le abitudini alimentari sono cambiate e si è passati, ricorda il WWF, da diete stagionali ricche di verdure e fibre, a diete troppo ricche di calorie e con un eccessivo consumo di carne e derivati animali. La dieta dell’italiano medio non è in linea oggi con le raccomandazioni nutrizionali e gli attuali modelli di consumo non sono sostenibili né dal punto di vista sanitario né da quello ambientale.
«Una dieta ricca di frutta, verdura e, in generale, di alimenti di origine vegetale è il pilastro delle diete sane ma anche di quelle più sostenibili per l’ambiente», ricorda il WWF nel Manifesto.
Il modello alimentare che l’associazione promuove richiede di mangiare senza eccessi, ridurre drasticamente il consumo di proteine animali e aumentare quello di frutta e verdura, limitare il ricorso ad alimenti ultra-trasformati e zuccheri aggiunti. A questo si aggiunge l’obiettivo di arrivare a una norma vincolante che impedisca di introdurre in europea prodotti causa di deforestazione.
Zero sprechi
Quarta sfida è use better e quindi adottare modelli di consumo con zero perdite e sprechi alimentari.
«Se vogliamo che il sistema alimentare globale possa rimanere all’interno dei limiti del Pianeta è fondamentale ridurre sensibilmente le perdite alimentari sul piano della produzione e gli sprechi alimentari sul piano del consumo».
A livello di produzione, secondo la Fao ogni anno il 14% circa dei prodotti alimentari va perso in tutto il mondo prima di raggiungere la vendita al dettaglio. Gli agricoltori arrivano da scartare fra il 20% e il 40% dei prodotti freschi perché non sono “esteticamente belli” per rivenditori e consumatori. Nella pesca, sono oltre 7 milioni di tonnellate le catture accessorie rigettate in mare ogni anno.
La sfida richiede di eliminare le perdite in agricoltura e nella pesca, e dunque lungo la filiera produttiva. E di agire drasticamente sugli sprechi alimentari che si verificano nelle famiglie, nelle mense scolastiche e aziendali.
Molto spreco avviene infatti a livello domestico. E anche in Italia, ricorda la campagna Food4Future col suo Manifesto, «rimane ancora molto da fare visto che nelle nostre case sprechiamo ancora circa 100 gr di cibo a testa ogni giorno, che diventano 37 kg pro capite e 85 kg a famiglia ogni anno».