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Transizione ecologica a rischio con la guerra in Ucraina

Non usiamo la guerra in Ucraina per cancellare la transizione ecologica. È quanto chiedono 17 associazioni ambientaliste, dei consumatori e dei produttori biologici una lettera inviata al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e ai Ministri Patuanelli e Cingolani.

La transizione ecologica dell’agricoltura rischia infatti una spallata, una netta marcia indietro, come conseguenza delle decisioni che devono affrontare il tema della sicurezza alimentare in Europa e in Italia, messa in crisi della guerra e dalle sue ripercussioni nei flussi commerciali di energia e materie prime. La sicurezza alimentare, dicono le associazioni, si difende puntando sulla transizione ecologica e non indebolendo le strategie europee Farm to Fork e Biodiversità.

Il rischio insomma è che, nella volontà di rendere i mercati meno dipendenti dalle importazioni e più protetti dalle turbolenze del mercato, tutto questo venga fatto attraverso una retromarcia sulla transizione ecologica e sulle politiche europee.

 

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Associazioni firmatarie dell’appello per transizione ecologica

 

La transizione ecologica e la guerra

La guerra in Ucraina evidenzia quanto l’Italia e l’Europa siano dipendenti dalle importazioni di materie prime e di energia.

«Più che mai, il nostro Paese nell’ambito dell’UE deve orientarsi verso pratiche agricole sane, pulite e giuste, che rappresentano l’unica via per garantire la sicurezza alimentare a lungo termine e la sostenibilità generale dei sistemi agroalimentari – si legge nella lettera – Per liberarci da una eccessiva dipendenza dal mercato globale dei fattori produttivi e delle materie prime dobbiamo superare modelli basati sull’agricoltura e l’allevamento intensivi direttamente responsabili delle gravi crisi ambientali che stiamo affrontando e che rappresentano una minaccia incombente sulla nostra società e la sua economia».

«Indebolire le Strategie UE Farm to Fork e Biodiversità 2030 dell’Unione Europea e rivedere le norme ambientali della nuova PAC post 2022 – dicono le associazioni – sarebbe un grave errore e non risolverebbe i problemi collegati all’aumento dei prezzi e disponibilità di materie prime, problemi ulteriormente aggravati dalla guerra in Ucraina che stanno mettendo in grave difficoltà le aziende agroalimentari europee e nazionali. Serve, invece, accelerare la transizione ecologica della nostra agricoltura rivedendo i modelli di produzione e consumo del cibo».

 

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Guerra in Ucraina, prezzi del cibo e transizione ecologica, l’analisi di Terra!

 

Rivedere il green deal? No grazie

La lettera è dunque una risposta agli argomenti con cui «le lobby dell’agricoltura industriale sostengono la necessità di rivedere gli obiettivi del Green Deal per affrontare la crisi dei prezzi e delle materie prime causata, solo in parte, dalla guerra in Ucraina».

L’obiettivo delle strategie europee è quello di tutelare la biodiversità e ridurre l’impatto dell’agricoltura intensiva su clima e ambiente, di ridurre l’uso di pesticidi e sostanze chimiche e mantenere uno spazio per la biodiversità nel paesaggio agrario.

Il dibattito in corso sui problemi di approvvigionamento di energia e materie prime legati alla guerra, denunciano le associazioni, finisce invece per dare alla transizione ecologica la responsabilità della crisi in corso. Le strategie della transizione ecologica si proiettano su medio e lungo periodo mentre le aziende agricole in crisi vanno aiutate subito.

«È pertanto urgente intervenire a sostegno delle aziende in grave difficoltà per l’aumento dei prezzi delle materie prime con interventi tempestivi e mirati, tenendo anche conto delle speculazioni finanziarie in atto – dicono le associazioni – Allo stesso tempo, però, è necessario accelerare le risposte alle grandi sfide della sostenibilità ambientale e climatica dell’agricoltura, a partire dall’attuazione delle Strategie “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030” e della nuova PAC post 2022, proprio per rendere i sistemi agroalimentari meno vulnerabili a questi shock».

La vulnerabilità dell’Europa e le politiche da adottare

«La guerra in Ucraina sta evidenziando la vulnerabilità dell’Europa nella dipendenza da importazioni di materie prime e di energia. Ma il conflitto è l’ultimo di una serie di eventi, iniziati con la pandemia di COVID e proseguiti con la siccità in Nord America che ha dimezzato i raccolti, innescando dinamiche speculative e una pericolosa ascesa dei prezzi. In un mondo sempre più esposto a shock globali e a conflitti, abbiamo bisogno di una radicale riforma dei nostri sistemi agroalimentari, per promuovere modelli produttivi e di consumo più resilienti e sostenibili – sottolineano le 17 associazioni – I timidi passi verso una transizione agroecologica attesi con la riforma della PAC non possono essere vanificati dalla conservazione degli stessi sistemi produttivi e modelli di consumo che ci hanno condotto in questa situazione. Non è aumentando la produzione attraverso un ulteriore degrado dell’ambiente naturale o aumentando la dipendenza da energie fossili che si risolveranno i problemi. Occorrono politiche che favoriscano la sicurezza alimentare, sostengano pratiche estensive e rispettose del benessere degli animali, valorizzino il ruolo degli agricoltori e promuovano diete più sane, con una riduzione e una qualificazione del consumo di prodotti di origine animale».

Gli allevamenti sono ad esempio dipendenti da prodotti di provenienza estera, con mangimi che vengono da fuori e spesso sono prodotti in paesi con regole su Ogm e pesticidi meno rigorose di quelle europee. Gran parte dell’insicurezza dei sistemi agroalimentari, proseguono le associazioni, dipende dalla espansione della zootecnia intensiva, se si considera che il 70% dei terreni agricoli europei è destinato all’alimentazione animale.

«La risposta in grado di garantire una maggiore sicurezza ai sistemi agroalimentari in Europa passa pertanto dalla riduzione del numero degli animali allevati, che richiede una contemporanea riduzione dei consumi di carne e prodotti di origine animale e consentirebbe di liberare terreni per colture alimentari, capaci di soddisfare meglio diete diversificate e a basso impatto sul clima, garantire il diritto di accesso al cibo a prezzi sostenibili».

La proposta attuale, quella di arare e coltivare più terreni, aumentare le superfici agricole destinate a produrre mangimi, usare più fertilizzanti e pesticidi, aumenta invece il rischio che gli ecosistemi collassino e l’agricoltura non riesca a reagire agli shock.


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