Bollette a 28 giorni, Corte Ue: Agcom può imporre periodicità minima per la fatturazione telefonica
Sulle bollette a 28 giorni arriva la sentenza della Corte di giustizia della Ue. L’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, “può imporre una periodicità minima, da un lato, per il rinnovo delle offerte commerciali, e dall’altro, per la fatturazione dei servizi di telefonia fissa e mobile”
Sulle bollette a 28 giorni arriva la sentenza della Corte di Giustizia della Ue. Questa stabilisce che l’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, “può imporre una periodicità minima, da un lato, per il rinnovo delle offerte commerciali, e dall’altro, per la fatturazione dei servizi di telefonia fissa e mobile”.
Per la Corte Ue “non è contraria al diritto dell’Unione la normativa italiana che attribuisce all’Agcom il potere di imporre, da un lato, agli operatori di servizi di telefonia mobile una periodicità di rinnovo delle offerte commerciali e una periodicità di fatturazione non inferiore a quattro settimane, e dall’altro, agli operatori di servizi di telefonia fissa una periodicità di rinnovo di tali offerte e una periodicità di fatturazione mensile o plurimensile”.
La saga delle bollette a 28 giorni
Un passo indietro. La questione risale a qualche anno fa, quando le compagnie telefoniche avevano preso a rinnovare le offerte telefoniche non ogni mese ma ogni 28 giorni, e diventa una vera e propria saga. Inizia nel 2017 quando le compagnie telefoniche modificano i tempi di invio delle bollette introducendo una fatturazione non su base mensile ma ogni quattro settimane, con rincaro per gli utenti della telefonia.
A seguire proteste, l’azione dell’Agcom che ha stabilito il criterio della compensazione dei giorni “erosi”, i ricorsi delle compagnie telefoniche al Tar del Lazio, la decisione del Consiglio di Stato sul diritto degli utenti a essere rimborsati e sul criterio automatico delle compensazioni. Ancora: la richiesta delle compagnie ai clienti di presentare richiesta – via email, telefono, sito web o quant’altro – per ottenere tali rimborsi.
L’Agcom nella delibera 121/17/CONS, contestata dalle compagnie telefoniche, stabiliva: “Per la telefonia fissa la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione deve essere su base mensile o suoi multipli. Per la telefonia mobile la cadenza non può essere inferiore a quattro settimane. In caso di offerte convergenti con la telefonia fissa, prevale la cadenza relativa a quest’ultima. Gli operatori di telefonia mobile che adottano una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione su base diversa da quella mensile, informano prontamente l’utente, tramite l’invio di un SMS, dell’avvenuto rinnovo dell’offerta”.
Il caso davanti alla Corte Ue
La Corte di Giustizia è stata chiamata a decidere sulle questione pregiudiziale introdotta dal Consiglio di Stato italiano sull’interpretazione di due direttive europee in materia di comunicazione elettronica.
La domanda, informa una nota, è stata presentata nell’ambito di controversie tra quattro operatori di telefonia fissa e mobile operanti in Italia, ossia Fastweb SpA, Tim SpA, Vodafone Italia SpA e Wind Tre SpA, e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Le società di telefonia hanno chiesto l’annullamento della decisione dell’Agcom (la n. 121/17/CONS, appunto) che stabilisce una periodicità minima, da un lato, per il rinnovo delle offerte commerciali, e dall’altro, per la fatturazione dei servizi di telefonia fissa e mobile.
La decisione dell’Agcom, spiega la nota, è stata adottata con finalità di tutela dei consumatori per garantire maggiore trasparenza e comparabilità delle offerte commerciali e della fatturazione dei servizi di telefonia. Le società di telefonia, però, mettono in dubbio il potere impositivo esercitato dall’Autorità nei loro confronti, ritenendolo contrario al diritto dell’Unione.
Il Consiglio di Stato sottopone dunque alla Corte i dubbi interpretativi sollevati dalle società di telefonia e chiede se se gli articoli 49 (diritto di stabilimento) e 56 (libera prestazione di servizi) TFUE, la direttiva “quadro” e la direttiva “servizio universale” nonché i principi di proporzionalità, di non discriminazione e di parità di trattamento devono essere interpretati nel senso che si oppongono ad una normativa nazionale che conferisce all’Autorità il potere di imporre misure che stabiliscono un periodo minimo per il rinnovo delle offerte e per la fatturazione nei settori della telefonia fissa e mobile.
Corte Ue, la sentenza
Per la Corte gli Stati possono dare alle Autorità amministrative indipendenti anche poteri ulteriori rispetto a quelli previsti dalla direttiva “quadro”, purché proporzionati all’obiettivo di garantire un livello elevato di protezione dei consumatori nelle loro relazioni con i fornitori e a incoraggiare la fornitura di informazioni chiare.
Secondo la Corte, dunque, una normativa come quella italiana, che attribuisce all’Agcom il potere di adottare una decisione che garantisca una migliore trasparenza e comparabilità delle offerte commerciali e della fatturazione dei servizi di telefonia, contribuisce alla realizzazione degli obiettivi della direttiva «quadro», in particolare di quello di tutela degli interessi degli utenti.
“Salvo verifica da parte del giudice del rinvio, l’esercizio dei poteri attribuiti all’Agcom dalla normativa nazionale nell’ambito dell’adozione della decisione in questione è proporzionato agli obiettivi perseguiti e rispetta il principio della parità di trattamento”. Di conseguenza la Corte ritiene che la normativa italiana sia conforme alla direttiva «quadro» e alla direttiva «servizio universale». “Ritiene inoltre che le misure adottate dall’Agcom non costituiscano una restrizione alla libertà di stabilimento, né alla libera prestazione di servizi”.
Va ricordato che la Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. La decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.