Sostenibilità, tutti la vogliono… soprattutto a parole
Il 76% degli italiani pensa che la sostenibilità sia una priorità. In pochi però usano davvero strumenti che ottimizzano i consumi, come le app di riduzione dei rifiuti, degli sprechi alimentari e la tecnologia che accompagna la domotica. Questa infatti guida il cambiamento ma è ancora troppo costosa. Lo studio della Fondazione per la sostenibilità digitale
Sostenibilità, tutti la vogliono ma soprattutto a parole. Pochi la praticano davvero, ad esempio attraverso l’uso della tecnologia nell’ambito della domotica (il settore che più di altri guida il cambiamento). Per il 76% degli italiani sostenibilità, cambiamento climatico e inquinamento sono una priorità ma sono pochi gli italiani che utilizzano strumenti che ottimizzano i consumi, ad esempio app di riduzione dei rifiuti, di controllo della qualità dell’acqua e contatori intelligenti.
Sostenibilità e servizi digitali
E qual è l’impatto energetico della tecnologia? Pochi lo sanno.
Per gli italiani la domanda di servizi digitali ha un impatto abbastanza forte (51,6%) e molto forte (8,8%) in termini di consumi energetici ma il 77% di chi ritiene questo impatto ingente non si rende conto di quanto sia effettivamente alto.
La top ten dei servizi più usati quando si parla di sostenibilità digitale vede al primo posto lampadine e prese smart (16,4%) seguite da elettrodomestici connessi in rete (13%), climatizzatori connessi in rete (12%), app di assistenza alla raccolta differenziata (10,9%). Meno diffuse sono le app di monitoraggio della qualità dell’acque e smart meter.
Questo il quadro che emerge dalla ricerca “Gli italiani e la sostenibilità digitale: cosa ne sanno, cosa ne pensano” realizzata dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale.
La Fondazione ha voluto analizzare la percezione che gli italiani hanno del legame fra tecnologia digitale e sostenibilità ambientale, per inquadrare il ruolo della tecnologia come strumento di sostenibilità da parte dei cittadini.
La domotica e il cambiamento tecnologico
Il primo risultato è che la domotica guida il cambiamento, specialmente quando si parla di riduzione dei consumi, gestione dei rifiuti, corretto svolgimento della raccolta differenziata e lotta agli sprechi alimentari. Però si tratta di innovazioni ancora troppo costose, che dunque non riescono a dispiegare appieno il potenziale che hanno verso chi più potrebbe beneficiare di una “casa intelligente”.
«Le applicazioni legate alla domotica sono sempre più utilizzate ma purtroppo hanno ancora un costo non alla portata di tutti – dice Luciano Guglielmi, Direttore del Comitato di Indirizzo della Fondazione – e quindi quei benefici sia a livello sociale – si pensi al miglioramento della vita per le persone anziane o con difficoltà motorie o diversamente abili – sia a livello ambientale – si pensi al riscaldamento intelligente di uffici e abitazioni o al miglioramento della qualità dell’acqua – sono ancora obiettivi sui quali aziende e, soprattutto, istituzioni – ad esempio con l’istituzione di bonus ad hoc, devono puntare con decisione e consapevolezza».
Lampadine e prese smart, elettrodomestici connessi in rete e impianti di climatizzazione gestibili online guidano la Top Ten degli strumenti digitali che contribuiscono alla lotta all’inquinamento ed al cambiamento climatico.
Seguono applicazioni per la raccolta differenziata, stazioni meteo intelligenti, frigoriferi e dispense smart.
Le app per la riduzione dei rifiuti sono usate da un italiano su cinque, specialmente quelle che danno aiuto per fare bene la raccolta differenziata. Si stanno poi affermando app e sistemi contro lo spreco alimentare, usate da un italiano su dieci.
Si va dalle app che monitorano la scadenza dei prodotti a quelle dedicate allo scambio o alla vendita di prodotti prossimi alla scadenza (in entrambi i casi utilizzate dal 5,3% degli intervistati), passando per frigoriferi e dispense smart.
Gli italiani e la sostenibilità digitale
Il digitale per gli italiani è energivoro, ma gli utenti non sanno bene quanto. La ricerca analizza la percezione dell’impatto ambientale dei servizi digitali, consumo effettivo contro consumo “percepito”.
Per il 51% degli intervistati l’impatto in termini energetici del digitale è “abbastanza forte” ma solo il 22,8% riesce a stimare correttamente quanto forte sia effettivamente tale consumo, con un 77,2% che invece ha la percezione di un impatto energetico del digitale più basso di quanto non sia in realtà.
Dice Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale: «Malgrado il fatto che i tassi di adozione – complice anche l’emergenza sanitaria – siano sensibilmente migliorati nell’ultimo anno, un quadro fatto di più ombre che luci quello tracciato dalla nostra ricerca. Ormai è chiara alla maggior parte dei cittadini l’urgenza di cogliere le sfide del cambiamento climatico (per il 74% degli intervistati è una priorità) e dell’inquinamento (che rappresenta una priorità per il 76% degli intervistati), tuttavia ancora un italiano su sei ritiene che tali problemi siano importanti, ma non prioritari. A ciò si aggiunge che benché il 46% degli intervistati dichiari di identificare nella sostenibilità ambientale una priorità rispetto ad economia e società, sono solo il 37% coloro i quali sono davvero in grado di cogliere le correlazioni tra questi tre fattori e le conseguenze concrete delle posizioni ideologiche sulla sostenibilità. Inoltre – e proprio su questo si sviluppa nei dettagli la ricerca – tale consapevolezza stenta a generare un reale cambiamento nei comportamenti dei cittadini, soprattutto in relazione al ruolo del digitale ed all’adozione di strumenti che potrebbero contribuire a combattere inquinamento e cambiamenti climatici».
Per quanto riguarda invece la difficoltà nello stimare il corretto consumo energetico dei servizi digitali, Epifani spiega che questa è «totalmente scorrelata da elementi come la competenza digitale dichiarata o il fatto che la tecnologia sia considerata come una opportunità o come una minaccia. Che si sia competenti o meno e che nella propria opinione la tecnologia sia positiva o negativa, abbiamo una scarsissima consapevolezza del suo impatto energetico».