
Smart working, opportunità in emergenza. Ma per il futuro?
Lo smart working è bello ma non ci vivrei
I lavoratori in smart working sono circa il 15%. È la prima volta per quasi otto su dieci. Per aziende e lavoratori è un’opportunità per gestire l’emergenza ma ci sono dubbi sull’uso futuro. Oltre sette lavoratori su dieci adotterebbe lo smart working solo uno o due giorni a settimana
Lo smart working è bello ma non ci vivrei. I lavoratori che si ritrovano in lavoro agile (anche se spesso è semplicemente lavoro da casa) durante la pandemia da Covid-19 sono consapevoli delle opportunità offerte dallo smart working, che permette di non dover uscire, di sfruttare le possibilità offerte dalla tecnologia, di poter gestire insieme lavoro e famiglia (anche se questo, soprattutto per le donne, è fonte di ulteriore difficoltà nel conciliare i ritmi e alfine di lavoro aggiuntivo). Sul futuro però i lavoratori sono piuttosto tiepidi, comunque cauti: oltre sette su dieci adotterebbe sì lo smart working ma non più di uno o due giorni a settimana.

Smart working: bene oggi, domani qualche dubbio
Per aziende e lavoratori, dunque, lo smart working è un’opportunità per gestire l’emergenza mentre ci sono dubbi e incertezze sull’uso futuro. È quanto emerge da un’indagine di InfoJobs, piattaforma per la ricerca di lavoro online, che ha messo a confronto aziende (in tutto 189) e lavoratori (un campione 1149 candidati) sul tema smart working, per capire come gli italiani stiano vivendo l’approccio al lavoro agile e quale possa essere la sua futura applicazione sul mercato del lavoro di domani.
In sintesi: il 72% delle aziende ha attivato lo smart working, che impatta su un settimo dei lavoratori. Si tratta della “prima volta” per il 56% delle aziende e per il 79% dei lavoratori. Il futuro dello smart working è più dubbio e il 71% dei lavoratori vorrebbe mantenerlo solo parzialmente, mentre le aziende non si sbilanciano e aspettano regolamentazioni normative.
Smart working, il fenomeno
I dati emersi, dice Infojobs, rispecchiano un Paese che ha risposto all’emergenza utilizzando in maniera massiccia lo smart working anche se è chiaro che non tutto può essere svolto da remoto, in telelavoro, da casa.
L’indagine stime infatti che i lavoratori italiani in smart working siano il 15%. La parte restante della forza lavoro sembra attualmente a casa senza reddito (45% dei rispondenti, percentuale che sale al 50% per le donne), in ferie o in congedo (25%) mentre il 13% si reca ancora sul luogo di lavoro, senza nessuna modifica alle modalità di prestazione del servizio.
Fra chi si trova in smart working, per il 79% è la prima volta, mentre il 14,5% lo è con modalità più estensive e il 6,5% con le stesse modalità di prima.

Lavoratori e smart working: bene oggi, meno per il futuro
Come stanno vivendo i lavoratori questo periodo di smart working?
«Il 38% del campione intervistato da InfoJobs si dichiara fortunato di poter evitare gli spostamenti in questo momento, mentre il 27% apprezza le possibilità date dalla tecnologia, che mette a disposizione un ufficio “virtuale” dove è possibile continuare a lavorare come prima. Solo il 7% dice di essere meno produttivo soprattutto a causa degli impegni familiari da gestire in contemporanea, percentuale che sale al 33% per le donne con figli conviventi».
Smart working ok ma i lavoratori sono meno convinti che possa rappresentare la sola modalità di impiego di domani.
Se si chiede cosa si augurano i lavoratori per il futuro, il 71% indica lo smart working ma non più di uno o due giorni a settimana, mentre il 16% auspica un “full smart”, quindi smart working a tempo pieno, e il 13% preferisce essere presente sempre sul luogo di lavoro.
Lavoratori e smart working, pro e contro
Altro tema interessante riguarda l’atteggiamento dei lavoratori. Cosa si apprezza di più dello smart working?
«Il 17% dei lavoratori apprezza la possibilità di gestire insieme esigenze personali e lavorative, con una percentuale che sale al 30% per le donne con figli – dice l’indagine – Gli italiani che si sono inoltre trovati a dover far fronte alla creazione di spazi di lavoro fra le mura domestiche, notano con piacere il tempo risparmiato per gli spostamenti da casa all’ufficio (49%) e gli orari flessibili (19,5%)».
Ci sono però diversi aspetti di cui si sente la mancanza nella nuova routine lavorativa. Mancano soprattutto la socialità del luogo di lavoro e il confronto quotidiano con i colleghi (pari merito al 27%). Seguono aspetti quali la comodità della propria postazione (11%) o il “piacere di prepararsi alla giornata con outfit e make-up (10%)”. Segno evidente di una dimensione sociale, legata al lavoro fuori casa, di cui i lavoratori avvertono l’assenza.

E per il futuro? Smart working ma non a tempo pieno
Visto dalla parte delle aziende, invece, il 64,5% delle aziende dichiara che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione (voluta o dovuta in base alle circostanze legislative) che non ha avuto contraccolpi sulla produttività (39%), o ne ha avuti ma in maniera limitata (25,5%). Le difficoltà però non mancano: per il 19% lo smart working non sta funzionando, complice un business che non si adatta bene al lavoro da remoto.
Smart working e futuro? Lo sguardo è ancora “tiepido”, suggerisce alfine la ricerca. Per il 30% delle aziende ad emergenza finita tutto tornerà come prima, mentre il 28% dice che valuterà gli sviluppi legislativi, il 24% dice che abiliterà lo smart working per una parte dei dipendenti. Solo per il 9,5% sarà invece il nuovo standard del lavoro.
Approccio prudente, come detto, anche da parte dei lavoratori. «Il 71% vorrebbe il lavoro agile 1 o 2 giorni a settimana (89% per le donne con figli) mentre solo il 16% auspica un full time smart. Dissente il 13%: meglio l’ufficio!»
«Su ciò che avverrà una volta superata l’emergenza sanitaria, le aziende sono caute a parlare di rivoluzione – commenta Filippo Saini, Head of Job di InfoJobs – Anche i lavoratori sembrano apprezzare le potenzialità del lavoro da remoto, ma sono ben lontani dall’augurarsi che possa essere la modalità esclusiva e prioritaria di domani. In generale, dalla nostra indagine emerge un’Italia molto pragmatica e realista, che distingue le misure eccezionali dai propri desideri e dalla speranza per la nuova normalità di domani».

Scrive per noi

- Giornalista professionista. Direttrice di Help Consumatori. Romana. Sono arrivata a Help Consumatori nel 2006 e da allora mi occupo soprattutto di consumi e consumatori, società e ambiente, bambini e infanzia, salute e privacy. Mi appassionano soprattutto i diritti, il sociale e tutti quei temi che spesso finiscono a fondo pagina. Alla ricerca di una strada personale nel magico mondo del giornalismo ho collaborato come freelance con Reset DOC, La Nuova Ecologia, Il Riformista, IMGPress. Sono laureata con lode in Scienze della Comunicazione alla Sapienza con una tesi sul confronto di quattro quotidiani italiani durante la guerra del Kosovo e ho proseguito gli studi con un master su Immigrati e Rifugiati. Le cause perse sono il mio forte. Hobby: narrativa contemporanea, cinema, passeggiate al mare.
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