
Influenza aviaria, aumentano i casi tra gli uccelli selvatici. Cresce l’attenzione verso i mammiferi (foto Pixabay)
Influenza aviaria, aumentano i casi tra gli uccelli selvatici. Cresce l’attenzione verso i mammiferi
Dopo i casi confermati di trasmissione dell’influenza aviaria dagli uccelli in alcune specie di mammiferi, cresce l’attenzione delle autorità sanitarie verso mutazioni del virus H5N1 che potrebbero favorire il contagio
L’influenza aviaria continua preoccupare la comunità scientifica internazionale. Per questo motivo, dopo i casi confermati di trasmissione del virus H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) dagli uccelli in alcune specie di mammiferi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (Woah) hanno invitato tutti i Paesi ad innalzare il livello di allerta sull’arrivo di una nuova pandemia di influenza nella popolazione umana, sostenuta da un virus di origine aviare.
In Italia, intanto, la circolazione del virus H5N1 fra gli uccelli selvatici è in aumento, secondo i dati epidemiologici del Centro di referenza nazionale ed europeo per l’influenza aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), con il rischio che questi possano trasmettere il virus agli allevamenti avicoli – spiega l’Istituto in una nota in una nota -. Il ministero della Salute ha diramato pochi giorni fa una nota, indirizzata a tutti i Servizi veterinari regionali e agli Istituti Zooprofilattici italiani, in cui ravvisa la necessità di rafforzare la sorveglianza dei volatili selvatici e l’applicazione delle misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli.
Influenza aviaria, la situazione in Italia
Per quanto riguarda l’Italia – si legge nella nota – negli uccelli selvatici, a partire da settembre 2022, sono stati ufficialmente confermati 79 casi di positività fra gabbiani (19), alzavole (13), germani (10) e in altri esemplari di rapaci e anatidi. Molti altri casi sospetti nei gabbiani sono in corso di conferma presso l’IZSVe. Il persistere di casi nei selvatici evidenzia, così, la continua circolazione di H5N1 sul territorio italiano, in linea con quanto sta avvenendo in altri paesi europei ed extra europei, in cui si registra un aumento di casi anche nel pollame e nei mammiferi selvatici, e in cui sono stati segnalati anche sporadici casi in mammiferi domestici.
Nel caso degli uccelli domestici la situazione è più favorevole, dopo la drammatica ondata epidemica di H5N1 HPAI che ha investito prevalentemente il nordest nell’inverno 2021-2022, con 317 focolai negli allevamenti. L’ultimo focolaio nel pollame risale infatti al 23 dicembre 2022, portando a 30 il numero dei casi confermati da settembre 2022. I focolai sono stati riscontrati principalmente in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
“La situazione negli allevamenti è migliorata rispetto a un anno fa – afferma il dott. Calogero Terregino, direttore del Centro di referenza per l’influenza aviaria – grazie anche all’intenso lavoro portato avanti dal ministero della Salute in collaborazione con le Regioni e le Asl coinvolte, il Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e i rappresentanti del mondo produttivo. La collaborazione fra le parti ha permesso di affrontare e migliorare le principali criticità riscontrate, rafforzando in particolare la sorveglianza negli uccelli selvatici e rendendo più efficaci le strategie di prevenzione e la gestione dei focolai negli allevamenti.”
Quali rischi per l’uomo?
Come noto, l’influenza aviaria colpisce principalmente il pollame e gli uccelli selvatici, tuttavia può, anche se solo occasionalmente, essere trasmessa ai mammiferi, compreso l’uomo. “Dalla sua comparsa nel 1996 in un allevamento di oche in Cina – spiega l’IZSVe – il virus H5N1 ha provocato casi di infezione anche tra gli esseri umani in diversi Paesi del mondo, ma con una frequenza sporadica e in particolari condizioni. Ad oggi non sono stati rilevati casi di trasmissione inter-umana del virus H5N1“.
“I virus aviari non sono in grado di contagiare con facilità l’uomo, nella maggior parte dei casi le infezioni da H5N1 sono avvenute in persone a stretto contatto con volatili infetti in aree molto povere – spiega l’Istituto – in condizioni di forte promiscuità e scarsa igiene, senza un’opportuna consapevolezza della presenza della malattia e dei rischi ad essa associati”.
Esistono, però, categorie professionali più esposte al rischio, come allevatori avicoli, veterinari, macellatori, trasportatori. Per questi soggetti, che potrebbero venire in contatto più frequentemente con uccelli infetti o morti di influenza aviaria, è previsto un monitoraggio sanitario in caso di epidemia ed è raccomandabile la vaccinazione contro l’influenza umana, come misura per prevenire fenomeni di ricombinazione genetica tra il virus stagionale umano e il virus dell’influenza aviaria.

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