Skimpflation, la nuova pratica in agguato per i consumatori
Oltre alla shrinkflation c’è un’altra insidia per i consumatori. Si chiama skimpflation: non si riduce il prodotto ma la sua qualità. Intervista a Massimiliano Dona, presidente UNC: “Strategia molto insidiosa”
Preoccupati per il panettone che si è ristretto o per il gelato che diventa sempre più piccolo? Consumatori di tutto il mondo, unitevi. E sappiate che oltre all’insidia della shrinkflation (si riduce la quantità del prodotto ma il prezzo rimane invariato) c’è il rischio di incorrere anche in un’altra pratica. In questo caso “prezzo e grammatura restano identici, ma a cambiare è la qualità degli ingredienti, ovviamente rivista al ribasso”, spiega il sito specializzato Alimentando. Nel settore alimentare è un fenomeno che si verifica quando c’è un cambiamento e un impoverimento degli ingredienti, che vengono sostituiti con alternative meno pregiate o low cost. L’hanno chiamata skimpflation. Gli esempi che si trovano, al momento, vengono dal mercato estero: salsicce con meno carne di maiale, creme spalmabili in cui viene ridotta la percentuale di burro, come denunciato da un’associazione di consumatori britannica (Fonte: Gift) oppure barrette che prima erano ricoperte di cioccolato e che diventano al sapore di cioccolato.
Ma di cosa stiamo parlando? A illustrare il fenomeno è Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Non bastava il panettone che si riduce o la busta di biscotti che pesa di meno. L’UNC denuncia che i consumatori sono a rischio anche di skimpflation e ancora una volta la definizione è in inglese… di quale fenomeno stiamo parlando?
Come per la shrinkflation si cerca di nascondere l’aumento implicito del prezzo, l’inflation appunto, ma in questo caso non ridimensionando il peso del prodotto ma la sua qualità, sostituendo ingredienti più nobili con altri di minore pregio e, quindi, meno costosi. Dal verbo inglese to skimp: lesinare, fare economia, risparmiare.
Insomma, è l’ennesima strategia di marketing volta a ingannare il consumatore sul reale valore del prodotto offerto: stesso prezzo ma minor qualità.
Un caso classico è togliere il burro e mettere la margarina oppure oli vegetali.
A voi arrivano segnalazioni di consumatori che si lamentano dei cambiamenti di alcuni cibi? Online si trovano degli esempi in relazione al mercato estero e britannico… la riduzione della qualità degli ingredienti è una pratica che secondo voi si sta verificando anche in Italia?
Sì anche in Italia. Il motivo è che le aziende cercano di affrontare gli aumenti dei costi di produzione che hanno avuto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, dalla luce al gas, cercando di contenere, o in questo caso mascherare, i rialzi dei prezzi, per perdere meno clienti. Si sa, infatti, è la legge della domanda e dell’offerta, che quando il prezzo sale si riducono le quantità vendute. Il problema è che non si rendono conto che così facendo rischiano di danneggiare l’immagine dell’azienda e minare la fiducia del consumatore in quel marchio, cadendo dalla padella alla brace.
Vale solo per il carrello della spesa?
No, vale anche per i servizi, quando peggiorano. Viaggi in treno o in aereo ma non ti offrono più gli snack e le bibite di una volta. Hai un abbonamento, ma il numero delle corse viene ridotto.
Come si lega all’inflazione?
La riduzione dei costi del produttore, ottenuta risparmiando sugli ingredienti, dovrebbe in teoria essere traslata sul prezzo finale al consumatore. Se questo non avviene e il prezzo resta lo stesso vuol dire che l’operazione è servita solo a far salire i profitti delle aziende e che i rincari impliciti legati al minore valore del prodotto sono stati celati.
E come può accorgersi il consumatore di un cambiamento di qualità? Sembra davvero impossibile, nessuno sa a memoria la lista degli ingredienti…
Infatti è una strategia molto insidiosa. Un inganno invisibile, salvo che il cambio sia tale da rendere il prodotto in modo percepibile meno gustoso, meno buono. Talvolta è l’azienda stessa che annuncia il cambio degli ingredienti, con lo sticker “nuova ricetta”, accampando ragioni salutistiche. Il classico slogan è: meno grassi. Naturalmente è anche possibile che i nuovi prodotti vadano davvero incontro all’esigenza sentita dei consumatori di avere ingredienti più sani e genuini. Ci piacerebbe, però, qualora fossero anche meno costosi per l’azienda, che il prezzo diminuisse in modo corrispondente.