Carne coltivata vietata in Italia, animalisti: legge ideologica

Carne coltivata vietata in Italia, animalisti: legge ideologica (Foto di Lebensmittelfotos da Pixabay)

Non si sono fatte attendere le reazioni delle associazioni animaliste alla notizia sul via libera definitivo della Camera al divieto di produrre e vendere in Italia carne coltivata, arrivato ieri. Il Ddl prevede sanzioni da 10 a 60 mila euro.

Carne coltivata vietata in Italia, cosa dicono gli animalisti

Le associazioni ALI – Animal Law Italia, Animal Equality, CiWF – Compassion in World Farming Italia, ENPA – Ente nazionale Protezione Animali, Humane Society International/Europe, LAV – Lega Anti Vivisezione, LEIDAA – Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, LNDC Animal Protection e OIPA – Organizzazione Internazionale Protezione Animali contestano “la natura fortemente ideologica del divieto ed evidenziano le numerose criticità del provvedimento“.

“Innanzitutto – spiegano – con questa legge, il Governo si è appropriato di quelle che sono le prerogative dell’EFSA, alla quale soltanto spetta l’approvazione della commercializzazione dei novel food secondo il diritto europeo, dopo un complesso iter volto a tutelare la salute dei consumatori valutando la sicurezza dei nuovi alimenti. Oltretutto, una volta che l’EFSA avrà dato il via libera, da un punto di vista economico, gli unici penalizzati saranno gli imprenditori italiani, che non potranno produrre e commercializzare carne coltivata sul territorio nazionale, poiché secondo il diritto europeo, non si potrà impedire la vendita in Italia da parte di aziende con sede in altri Paesi europei di un novel food approvato dall’EFSA come sicuro”.

“Questo divieto è oggi del tutto inutile – dichiarano le associazioni – poiché la carne coltivata non è stata ancora approvata per il consumo umano in Europa e quindi non può essere commercializzata, mentre diventerà inattuabile nel momento in cui, in futuro, EFSA dovesse pronunciarsi favorevolmente in merito. Non possiamo non considerare questo provvedimento un miope regalo alla lobby zootecnica, peraltro ignorando i danni che ne deriveranno per lo sviluppo del Paese”.

L’OIPA ha dichiarato che si rivolgerà all’Unione Europea, affinché valuti l’opportunità di avviare una procedura d’infrazione e ricorda che, secondo i dati Nomisma, il mercato mondiale della carne “in vitro” ha già registrato importanti investimenti, pari a 1,3 miliardi.

“Dal punto di vista del benessere animale, la carne coltivata è un’alternativa etica alla produzione di carne, che comporta mesi o anni di sofferenze in allevamento e che si conclude con l’uccisione degli animali – commenta il presidente dell’OipaMassimo Comparotto. – Anche se la produzione di carne coltivata richiede l’utilizzo di cellule animali, può rappresentare un’alternativa cruelty-free alla produzione di carne che può andare incontro a chi ancora non ha abbracciato la scelta vegetariana o vegana, che noi comunque auspichiamo”.

Stop anche al cosiddetto meat-sounding

Il provvedimento contiene anche il divieto di utilizzare denominazioni legate alla carne per prodotti trasformati a base di proteine vegetali (meat-sounding), che entrerà in vigore dopo l’approvazione di un apposito decreto ministeriale, il quale conterrà “un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che se ricondotte a prodotti vegetali possono indurre il cittadino che consuma in errore sulla composizione dell’alimento”.

“La gravità del provvedimento – commentano gli animalisti – è radicata nel deliberato ostruzionismo nei confronti della diffusione di prodotti vegetali e nella maggiore confusione che gli oltre 22 mila consumatori abituali dovranno affrontare con denominazioni meno immediate”.

Di tutt’altro parere la Coldiretti, che ha accolto con favore l’approvazione del Ddl: “la norma è in linea con l’intervento della Corte di Giustizia Europea, che in materia di false attestazioni di denominazioni vegetali, ha dichiarato illegittimo il riferimento al latte per presentare sul mercato prodotti a base di soia. Secondo la Corte di giustizia europea “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale” anche se “tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione”. Con la sola eccezione del tradizionale latte di mandorla italiano”.

Favorevole al divieto sulla carne coltivata anche Fiesa Confesercenti, che ha commentato: “ribadiamo la ferma contrarietà all’introduzione sulle nostre tavole di alimenti prodotti artificialmente. I cibi sintetici mettono in discussione la stessa dieta mediterranea e l’intera filiera agroalimentare italiana. La priorità è e deve essere la tutela del consumatore e della filiera; la carne coltivata, invece, si inserisce in un processo che mira a stravolgere il consumo alimentare e metterebbe a rischio il patrimonio agroalimentare italiano”.


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